Un uomo d’affari che vuole porre fine alla sua vita per evitare il carcere e un ragazzo figlio d’immigrati: due personalità diverse s’incrociano sulla banchina di una città portuale e nell’evolversi astratto e illogico della vicenda i loro destini si sovrapporranno a quelli di nuovi personaggi; incontri impossibili diventeranno possibili dando vita a confronti destabilizzanti, affrontando il tema dell’integrazione sociale.
Quai ouest del drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès è la prima ambiziosa regia del giovane Rachid Zanouda nell’ambito del progetto Prospero. Segnato dal viaggio fatto in America, il geniale drammaturgo approfondisce la condizione di vita degli immigrati, privi di permesso di soggiorno. Il lirismo e la tensione drammatica della prosa vengono resi dagli attori attraverso una raffinatezza estrema del parlato. Nei dialoghi non vi sono pause, i personaggi erompono nella vicenda attraverso la parola, eclissandosi nei cambi di scena realizzati con un accurato gioco di luci e ombre. All’esterno del palco si muove un uomo alto, nerboruto, una presenza che appare sulla scena a intermittenza: è “il negro”, così definito dal ragazzo, il quale osserva con fare altezzoso la scena e quando viene chiamato in causa dichiara le contraddizioni del presente, i paradossi della società contemporanea, pur essendo l’unica figura della scena a non prendere mai la parola. Le realtà apparentemente slegate dei personaggi, poi ricongiunte sul pontile, non presentano una soluzione finale: il regista lascia la capacità di completare la messa in scena al pubblico, attraverso immagini ricavate dalla fantasia di ognuno, senza dichiarare in modo esplicito il discorso filosofico. Dunque l’opera si chiude con una forsennata danza della pioggia dove, nella frenesia della musica tribale e dei movimenti, la parola tace.
Ilaria De Lillo