Overground ha richiesto la dissociazione dallo spazio teatrale.
Il performer è stato immortalato dallo scatto fotografico fuori dal suo habitat più congeniale. Un
déplacement che ha generato la messa a punto di ignote perimetrazioni sceniche, altre visioni, nuovi paesaggi, inedite configurazioni spaziali. È come riferire di tutto ciò che in potenza questa scena potrebbe indicarci e sarebbe in grado di fare. Non tanto per dirci che qualcosa è accaduto quanto per parlare del suo slancio e della sua irruenza. È una questione di politica e di immaginazione, perché attorno all’oggetto-performer si costruisce un processo del vedere, una vista, un ordito di infiniti e variabili sistemi di spaziatura.
Overground ha indagato le zone di intersezione, di faglia e sutura tra la fermezza dello scatto fotografico e l’analisi della nuova scena che quello ha prodotto. Entrambe le azioni hanno richiesto differenti specie di spostamenti, diverse forme della scrittura. Dalla scena al paesaggio si staglia netta la figura. Le azioni teorico-performative ospiti della Mostra di Luca del Pia, nello spazio dell’Ex Ospedale Sant’Agostino, sono una prova di accelerazione. Rispetto a
Overground si modifica il tempo. Si assiste all’incontro privato e pubblico tra gesto performativo e gesto teorico. Si può mettere lo sguardo alla prova del pertugio da cui si spia di nascosto un intimo teoricamente inavvicinabile (senza teoria). A volte la prova può richiedere altre simulazioni. Una provvisorietà. Una scrittura del disastro. La separazione. L’esotismo.
Si abbandonano contemporaneamente la struttura del palco e quella del libro, solo per indicare la generazione di una scrittura ulteriore in una successione che è chiusura senza fine. Le unità scrittorie che si producono e si mostrano in ciascuna azione non istallano concettualizzazioni definitive, piuttosto designano una “teoria”, nel senso di “inventario”. L’enumerazione si organizza in una tessitura timbrica caotica e dissonante. Si tratta di scritture che si allineano volubili e ferme alla figura. Scritture per esposizione, contatto e premitura, senza fogli, inchiostro o dispersioni di seme. Una scrittura, in definitiva, che si prepara alla distruzione dell’originale nell’attimo stesso in cui lo impressiona.
▬ Eleonora Sedioli-Masque/ Piersandra Di Matteo ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬
ON THE GRADUAL PRODUCTION OF THOUGHTS WHILST SPEAKINGideazione: Eleonora Sedioli, Lorenzo Bazzocchi
figura: Eleonora Sedioli
video: Luca Mattei, Lorenzo Bazzocchi
scrittura: Piersandra Di Matteo
programmazione max: Lorenzo Bazzocchi
Una materia lavorata dall’attività umana ne dismette la natura per divenire roccia, legno, paesaggio. Sfuggendo al progetto di fissazione fotografica di partenza, una figura riceve nella prassi un’inedita postura. Nel suo accadere impone un focus sdoppiato di esperienze dell’immediato soggette a una pressione indifferita. L’organizzazione topologica della figura nello spazio-ri-creato instaura la differenza irreversibile tra la zona focale e la sua periferia. Ma non si tratta di abbandonare la consistenza di realtà dell’azione. Qui il sensibile acquista una spazialità dissimetrica che incorpora uno squilibrio del sistema ottico. Tra figurale e scrittura. Si attiva un guadagno problematicamente simultaneo alla perdita di significazione. La scrittura lo propaga, lo dissemina in un
mot glissant che risuona per successione di idee e segnali corrispondenti a uno stato, prima di tornare nella pace immobile dove veglia l’enigma.
Eleonora Sedioli è una performer e attrice. Giovanissima inizia il suo percorso artistico con Masque teatro debuttando nello spettacolo
Eva Futura (1999). Da allora è attrice in tutte le produzioni della compagnia. Un atletismo solido la spinge ad affrontare la scena come un lottatore danzante.
Piersandra Di Matteo. Studiosa di performing arts, dramaturg e curatore indipendente. Svolge attività di ricerca al DMS, Università di Bologna. Dal 2008 collabora con Romeo Castellucci/Socìetas Raffaello Sanzio. È in uscita la sua monografia
Eccezione alla lettera. La scena di Richard Maxwell/New York City Players, edito da Editoria & Spettacolo.
▬ Francesca Proia/Adele Cacciagrano ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬
BREATHING US (work in progress)Ideazione, composizione, ricerca: Francesca Proia, Danilo Conti
Coreografia: Francesca Proia
Con: Francesca Proia e Danilo Conti
Collaborazione artistica: Antonella Piroli
Composizione sonora originale: Tullio Angelini
Testo: Adele Cacciagrano
La relazione come motore e principio di tutto. Il regno dell'aria che rende possibile la visione, la trasmissione della luce e delle onde sonore, l'emissione stessa delle parole e il loro viaggio fin dentro i recessi dell'orecchio. La respirazione quale elementare condivisione della nostra unica dimora. L’azione coreografica, dopo essere fuoriuscita nel paesaggio, è tornata a modificarsi, come mollusco in un guscio di lumaca, all’ombra-riparo della propria intimità, non prevedendo gli spostamenti e le perturbazioni che sarebbero derivati dall’irruzione di un corpo estraneo nel suo stesso habitat. La relazione che si instaura tra la volontà di effrazione del corpo estraneo e la determinazione della figura a conservare blindati i propri ritmi di esposizione e nascondimento, innescano un respiro a flutti che la parola erompe come un secondo fiato scandito dalla ritmicità erotica dei corpi, ora colti nella distanza di una mera ekfrasi, ora nella vicinanza combusta di una formula oracolare, ora in quello spazio di desiderio in cui il rispetto dei confini biologici e identitari della figura chiede solo al silenzio di fare da testimone pregno di ogni futura e ancor muta parola.
Francesca Proia. Danzatrice e coreografa, ha collaborato a lungo con il danzatore butoh Masaki Iwana e con il regista Romeo Castellucci/Societas Raffaello Sanzio. È membro di Habillé d’eau, compagnia diretta da Silvia Rampelli. Dal 2003 realizza performance in collaborazione con Danilo Conti, incentrate sulla natura dello strato energetico del corpo in rapporto a oggetti, spazio, comunicazione sottile e percezione. È autrice di
Declinazioni yoga dell'immagine corporea, edito da Titivillus (2011).
http://www.tanticosiprogetti.org
Adele Cacciagrano. Studiosa di arti performative, svolge un dottorato di ricerca in Studi Teatrali presso il DMS dell’Università di Bologna. Critica e saggista, nel 2009 ha partecipato al progetto
Alieno di Claudia Castellucci/Socìetas Raffaello Sanzio con una pubblicazione sul mitologema di Lilith sostenuta da ETI-Nuove Creatività.
▬ MK/Tihana Maravic ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬
¡EXOTICA! di e con: Michele Di Stefano, Biagio Caravano e Tihana Maravic
Giallo dorato, giallo aurato, giallo limone, cadmio arancio. Giallo senegal, banana, albicocca, indiano. Giallo di Napoli, giallo di Marte. Giallo piccante. Per una danza esotica: la parola si ritira.
A partire dalle riflessioni su colonialismo, viaggio, paesaggio e turismo, Michele Di Stefano, Biagio Caravano e Tihana Maravic creano un'azione teorico/performativa attorno ad alcuni oggetti-pensiero (la palma, l'elefante, il ventilatore, la pallina da golf, la cartolina...) sul tema dell'esotico. Perché il desiderio dell'esotico? Che cosa può avere l'odore o il colore esotico, questa sera nell'Ex-Ospedale Sant'Agostino? Chi è il visitatore e chi il visitato? Che cosa cambia se mentre ti parlo tolgo gli occhiali da sole? E se diminuissi leggermente la distanza?
MK è una formazione indipendente che si occupa di performance, coreografia e ricerca sonora. Il progetto del gruppo si è sviluppato a partire dal 1999 attraversando i più importanti festival della nuova scena con un lavoro di indagine corporea autodidatta, proiettato in ambito internazionale
www.mkonline.it.
Tihana Maravic. Nata in Croazia, dal 1996 vive e scrive a Bologna. È studiosa di arti performative, curatrice e organizzatrice freelence. Si interessa di rapporti tra l'arte e la spiritualità, il teatro nell'ambito della salute mentale, il ruolo del performer in relazione alla scena/natura/paesaggio.
▬ Cristina Rizzo/Lucia Amara ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬
BECOMING SPICEdi e con: Cristina Rizzo e Lucia Amara
La pratica simultanea messa in atto da Cristina Rizzo e Lucia Amara è cominciata nel 2008 con la scrittura coreografica per
Dance n° 3, un progetto in cui la partitura composta è stata, poi, tradotta in tre assoli da Ezster Salamon, Michele Di Stefano e Matteo Levaggi. Il percorso per giungere alla partitura (score) aveva richiesto una serie di tappe performative,
Jungle in, in cui si provava la scrittura in un dispositivo di delicata frequentazione (to attend) con il pubblico. Nella primavera del 2011 Cristina Rizzo e Lucia Amara con
Loveee riprendono quella pratica estremizzandone l’esposizione pubblica e verificandone le ricadute sulla performatività attraverso il tema della grazia. Per Vie, l’azione teorico-performativa si sviluppa a partire dall’innesto con le immagini Di Luca Del Pia. Il nucleo irriducibile è quello della separazione dalla scena che il paesaggio degli scatti svela. Abbandonata la scena, la figura è in un’oggettività senza fitta, un paesaggio senza Io. Uno strappo violento, ma inaugurale.
Vedere un paesaggio com’è quando io non ci sono – scrive Simone Weil ne L’ombra e la grazia.
Cristina Rizzo. Danzatrice e coreografa. Inizia il suo percorso a New York , in Italia dal 94, collabora con alcune tra le migliori piattaforme artistiche. Co-fondatrice del collettivo Kinkaleri, partecipa attivamente alla scena contemporanea internazionale delle performing arts. Debutta nel 2009 con lo spettacolo
Dance N°3 prodotto da RomaEuropa Festival e Aperto RED Festival dando avvio ad un’intensa autonoma ricerca coreografica.
Lucia Amara. Studiosa di teatro e di linguistica. Si è laureata in Lettere Antiche a Firenze e ha svolto un dottorato sulle glossolalie di Artaud al DMS di Bologna in collaborazione con il Dipartimento di Studi di Semiologia di Julia Kristeva a Paris VII. Collabora con Kinkaleri, Cristina Rizzo e Chiara Guidi.