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20/03/2018
Direction Under 30: aperto il bando per candidarsi


20/03/2018
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19/03/2018
Teatro e giovani generazioni: un incontro-dibattito a Castelfiorentino


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Performing Gender: gran finale a Bologna


08/11/2017
Master in Imprenditoria dello spettacolo 17-18, Università di Bologna


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29/03/2017
Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


24/03/2017
''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


28/02/2017
“Comizi d’amore”, open call per registi/drammaturghi e attori under 35 di Kepler-452


11/01/2017
La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


05/12/2016
Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


07/10/2016
Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


23/09/2016
Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


03/09/2016
Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


31/08/2016
Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


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INTERVISTE > Piergiorgio Giacchè, IniziAzione: gli attori, la critica, la politica

Alla fine delle tre giornate di InizioAzione, abbiamo incontrato Piergiorgio Giacchè, ideatore del progetto e coordinatore di un gruppo di osservatori (a cui abbiamo preso parte) che hanno “spiato” tutti gli incontri tra tre registi e dieci allievi dell'Accademia nazionale d'arte drammatica Silvio d'Amico e della Paolo Grassi di Milano. A inaugurare questa “vacanza” alla Corte Ospitale di Rubiera, il francese Pascal Rambert, seguito dal greco Theodoros Terzopoulos e da Antonio Latella. I tre «maestri», molto diversi fra loro, sono stati liberi di organizzare a proprio piacimento questo “inizio” con gli alunni: le uniche indicazioni guida consigliavano di trattare gli allievi come se fossero loro attori, di rivelar loro quelli che credono esser i primi saperi utili alla professione e di segnalare quelle che nel proprio teatro sono le cose da non fare o non credere. Il gruppo di osservatori era composto anche da quattro attori del Karamazov diretto da César Brie, i quali erano liberi anche di unirsi ai ragazzi, partecipando alle attività proposte dai registi.


Una delle caratteristiche fondanti di questo progetto è il suo strutturarsi come una “vacanza”, come un tempo vuoto, libero, senza uno scopo finale evidente. La volontà di non far diventare gli incontri un mezzo per giungere a qualcos'altro, di non stabilire un fine, è forse utile per capire come nasce InizioAzione e cosa intende per “inizio”.

Innanzitutto non è un progetto ma una proposta, che può risultare anche banale, come lo è d'altronde il gioco di parole del titolo: InizioAzione. A differenza dell'assessore, che rappresenta la componente funzionale, amministrativa e organizzativa del teatro, fondamentale per la sua sopravvivenza, l'attore ne è la vita; mi rendo conto, però, che ciò che manca oggi è proprio una iniziazione degli attori giovani, per la quale nutro un grande interesse. Il lavoro dell'attore ha come carattere imprescindibile quello di ricominciare sempre, di dover affrontare sempre un nuovo inizio: è come se la loro carriera fosse fatta di continui re-inizi, ritorni, ripetizioni. Mi affascina che un giovane scelga consapevolmente di fare oggi questo mestiere, e quindi di introdursi in una serie indefinita di inizi.

Perché la scelta di invitare ragazzi che hanno intrapreso una formazione così classica? Qual è il ruolo di chi li forma?

Volevo che la proposta di “vacanza” fosse rivolta ad accademie lontane dal circuito di Vie e la scelta è ricaduta su quelli che per me sono il liceo classico e il liceo scientifico del teatro italiano: rispettivamente l'Accademia di Roma e la Civica di Milano. Purtroppo, in tali accademie i ragazzi vengono chiusi, non guardano mai fuori, anche gli stage che circolano sono spesso molto costosi e talvolta del tutto improduttivi, se non altro per la loro brevità che non dà il tempo di metabolizzare. Certamente una volta esistevano i maestri, o i loro discepoli (come Eugenio Barba e altri) ma anche in tali esperienze si nascondeva un pericolo: c'era il rischio di essere indottrinato tanto da non riuscire più a slegarsi da un metodo definito; oltretutto il loro era un training vendibile che veniva sfruttato al massimo. Non si deve infatti dimenticare che ogni fenomeno che va di moda ha anche caratteristiche degradanti, e che talvolta anche i maestri possono sbagliare.
Formare non vuol dire educare: non possiamo permettere che un sapere scenda dall'alto, rischieremmo di creare una sorta di allevamento di giovani. Al contrario, dobbiamo costantemente ri-scoprire il senso e la funzione del teatro di oggi e chiederci: perché un attore vuole fare questo mestiere? Prescindendo dalle motivazioni sociali o di carattere simile. Il mio punto di vista, infatti, non vuole essere né sociologico né psicologico, ma antropologico: voglio scavare in un immaginario basato non su dati ma su portati culturali esistenti.

Quanto può essere pericoloso il fatto che un giovane che sceglie di intraprendere la formazione dell'attore sia inconsapevole del lungo e difficile percorso a cui va incontro?

È assolutamente pericoloso per loro. Sicuramente viviamo un periodo in cui la consapevolezza è proibita, o comunque viene incoraggiata solo quella del "come si tira a campare"; ma io, nel mio pessimismo cosmico, sono ottimista. Credo che ci sia anche una sub-coscienza, diversa dalla consapevolezza, su cui poter fare affidamento e che si rende conto di certi rischi anche quando li vogliamo evitare. Oggi, forse, manca il rapporto istintivo con la propria coscienza o, se c'è, diviene una questione così intima da essere inconfessabile. Ma voglio avere fiducia. Un giovane può fare qualsiasi scelta senza sapere il “perché”: c'è chi compie questa scelta con incoscienza e il motivo potrebbe scoprirlo durante il lunghissimo periodo della formazione, che fondamentalmente non finisce mai.

Oggi viviamo in un periodo di crisi. Secondo lei, visto che si parla di inizi, c'è una base su cui l'attore o il teatro può ricominciare?

Questa domanda potremmo farla a Frate Indovino! È abbastanza evidente che ci troviamo in un periodo di sedimentazione e mutazione. Finché queste mutazioni rimanevano solo culturali era molto facile ignorarle; ora, invece, sono anche economiche e diventano spietate. La mutazione è una conditio da cui inevitabilmente nasceranno nuove cose. Se saranno inizi o agonie dipenderà da chi ne è protagonista.
Da spettatore non vedo nascenze particolari. Vedo delle condizioni mutate che inevitabilmente stanno producendo anche del male, come il fiume orizzontale della performatività che sta accecando la qualità. È anche vero che io non sono mai stato bravo a intercettare talenti. Negli anni '80 non avevo capito la potenza di una Raffaello Sanzio, come invece fece Beppe Bartolucci. Negli ultimi anni mi hanno colpito molto i Menoventi: non solo per la loro forzatura del rapporto scena/realtà, ma anche per lo humour e per la loro grande espressività attoriale. Non posso dire che il panorama teatrale attuale sia ricco, anzi, mi sembra prossimo allo stremo perché la produzione non avanza, continua a riprendere dal passato.
Gli stili oramai sono tanti e spesso si confondono tra loro, tant'è che al teatro approdano persone che arrivano da altri orizzonti. Da questa commistione potrebbe venire uno slancio, a patto che non ci si limiti a una superficie. Da un punto di vista statistico non direi che il teatro giovane stia bene. Ci sono però delle forze, delle forme e delle riflessioni, magari anche di generazioni non nuovissime, attraversate da una domanda di senso. Quest'ultima andrebbe assolutamente salvata, nonostante disobbedisca alle dinamiche di fruizione commerciale. Prima o poi ci si dovrà tornare.

Eppure, tornando al mutamento di cui si parlava, lo spazio vuoto creato dalla crisi potrebbe far sperare in una rinascita, in un movimento che parta dalla pagina bianca...

Certamente il mutamento è in qualche modo parente del movimento. Ma bisogna ricordare che solo se il mutamento è fertile e riesce ad “attecchire” si può sedimentare in mutazione. Berlusconi, ad esempio, non ha fatto altro che perfezionare una cultura dell'ottimismo e del consumismo che già altri prima di lui avevano propugnato: ne è stato l'effetto e non la causa. Oggi l'Europa è divenuta per la prima volta periferica e le nostre società sono immerse nella cultura di massa, in cui i teatri si occupano solo degli abbonati. Tutti, allo stesso modo, partecipiamo alla mutazione: nonostante ci siano delle minoranze che tentano di negarlo, dobbiamo prendere atto che la cultura di massa riguarda tutti. Ma noi stessi in teatro ci siamo cascati, e abbiamo festeggiato delle nascite che spesso non esistevano. Noi pochi che ci occupiamo di teatro sbagliamo ad assecondare quelli che hanno avuto successo in passato perché, così facendo, creiamo una sorta di barriera protettiva, disegniamo il consenso. Ora, c'è una contraddizione di fondo tra il successo e il consenso: il successo, in senso letterale, viene soltanto dopo che qualcosa è accaduto, il consenso lo si crea prima di farlo. La gente è abituata a vivere nel consenso perché serve alla sopravvivenza, ma il compito della critica risiede nell'analisi di ciò che è successo, non nella preparazione del consenso.

Come può oggi un critico tutelare la domanda di senso offerta da determinate realtà, senza cadere nella trappola del consenso?

Tutti noi, critici e studiosi, abbiamo senza dubbio le nostre responsabilità. Fatta eccezione per pochi amici, sento la mancanza di un vero rapporto critico con gli altri e con gli artisti. Se non c'è un habitat critico in cui discutere, anche con leggerezza e senza lasciare che l'ammirazione o l'amicizia devii il nostro giudizio, viene a mancare una discussione reale. Si è arrivati al punto in cui nascondiamo certi commenti negativi perché terrorizzano l'artista. La morte della dialettica è uno degli effetti della mutazione di cui parlavo prima. Io parlo solo se mi fanno delle domande oppure se ho apprezzato lo spettacolo tanto da andare a ringraziare l'artista; ma chi va a teatro sa che la “festa dello spettatore” capita ogni venti anni e i compleanni solo una volta l'anno. Tra i giovani critici è normale che si discuta, ma quando ci si avvicina agli artisti si tende ad assumere un atteggiamento troppo protettivo.
Quando ho cominciato a occuparmi di teatro il mio credo, piuttosto banale, era l'“osservazione partecipante”: mentre facevo qualsiasi mestiere in campo teatrale, cercavo di crearmi un osservatorio tutto mio. Credo che il compito del critico abbia a che fare con qualcosa di simile. Una volta, il suo compito era dare notizia al popolo, mentre oggi l'atto critico spetta all'artista: il critico deve aprire la discussione costruendo un linguaggio proprio, che non deve per forza cadere nella teoria. Il critico deve dare un riscontro ma deve essere sincero, deve dire che si è annoiato, deve dire cosa manca nello spettacolo, soprattutto se è di un gruppo giovane. La responsabilità dei giovani e vecchi critici è quella di riadottare una certa franchezza e volontà di discussione, permettersi di dimostrare le perplessità che un'opera ci suscita. La mediazione o la non mediazione da parte dello spettatore appassionato non è con il pubblico ma con il Pubblico, con le amministrazioni, con la politica.

E come si trova questa strada di mediazione con la politica?

Essendo sinceri, anche se non le interessa quello che dici. Aprire una problematica con gli operatori della politica serve a ricordare loro che hanno grandi responsabilità. Spesso accade che i politici siano convinti di sapere qualcosa, o di avere gli strumenti per dettare legge sulle decisioni culturali; ma questo è un atteggiamento che assumono con chi si occupa di cultura: non si sognerebbero mai di fare la stessa cosa con un ingegnere, o con un urbanista. Per questo occorre essere sinceri, rivendicare una professionalità, solo così rendi il tuo interlocutore nudo e gli dimostri che le idee non mancano mai. Capisco che non tutti possano permettersi di essere sinceri con la politica, lo può fare solo chi ha uno stipendio fisso; come dire: la politica culturale si fa sempre dopo pranzo. Però bisogna ricordare che investire sulla mediazione con i politici significa non solo costruire favori o scatenare proteste, ma soprattutto per spiegare che l'arte vive di vita propria. È necessario, oggi più che mai, salvaguardare l'autonomia dell'arte e dell'artista, piuttosto che garantirgli protezione, perché l'autonomia non si ottiene a favore di una determinata compagnia ma per il teatro intero.

Torniamo alla proposta-progetto che si è svolta a Vie. Come ricomincerà da oggi la “scuola”? E quando ricominceranno altre “vacanze”?

Speriamo non ricomincino! Il teatro è vivente finché muore. Speriamo venga fuori un'altra idea per ricominciare in modi diversi. Speriamo che anche gli altri enti comincino sostenere incontri simili con qualche soldo. Le accademie, purtroppo, non ne vogliono sapere di progetti a loro esterni. Eppure i ragazzi, almeno in questo caso, li hanno mandati, e auspico che chi è stato presente riporti l'esperienza a chi non c'era, aprendo così nuovi orizzonti. Si rifarà, forse qualcuno ci copierà e si andrà avanti; ma noi dobbiamo sempre avere i piedi per terra e ricordare che solo tre giorni di lavoro non possono aspirare a essere più di una semplice proposta.
 

Carolina Ciccarelli
Matteo Vallorani

         

FESTIVAL

marzo-maggio 2018
Planetarium
Osservatorio sul teatro ragazzi

14 - 22 ottobre 2017
Vie Festival 2017
Laboratorio di critica e giornalismo

giugno 2017
Futuri Maestri
Laboratorio Futuri giornalisti

28-31 ottobre 2016
Crisalide
Perché passi un po' di caos libero e ventoso

ottobre 2016
Vie Festival 2016
Arti sceniche internazionali e italiane

22 settembre - 2 ottobre 2016
Contemporanea Festival 2016
Le arti della scena

ottobre 2015
Vie Festival 2015
Arti sceniche internazionali e italiane

1-4 ottobre 2015
Crisalide
Non è successo niente, è ciò che stiamo diventando

25 settembre - 4 ottobre 2015
Contemporanea Festival 2015
Le arti della scena

Febbraio - aprile 2015
Nelle pieghe del Corpo
Virgilio Sieni, Bologna

ottobre 2014 - marzo 2015
Festival Focus Jelinek
Festival per città

9-25 ottobre 2014
Vie Festival 2014 Modena___Emilia
Arti sceniche internazionali

10 - 20 luglio 2014
Santarcangelo · 14
Festival internazionale del teatro in piazza

12 - 21 luglio 2013
Santarcangelo · 13
Festival Internazionale del Teatro in Piazza

aprile 2013
Pinocchio della non-scuola
Immagini a cura di Osservatorio Fotografico, note a margine su Pinocchio

5-13 ottobre 2012
Tempo Reale Festival
Ricerche musicali contemporanee

14 - 23 luglio 2012
SANTARCANGELO •12
Festival internazionale del teatro in piazza

Primavera 2012
Vie Scena Contemporanea Festival
Arti sceniche internazionali

Marzo 2012
BilBolbul 2012
fumetto, illustrazione, disegno

ottobre 2011
Vie Scena Contemporanea Festival
Teatro internazionale a Modena, Carpi, Vignola e limitrofi

Settembre 2011
Arca Puccini - Musica per combinazione
Rock indipendente italiano e internazionale