A seguito del terremoto che ha colpito la provincia modenese nel maggio 2012, la programmazione del festival Vie ha subìto un forte ridimensionamento ma non si è fermata. Emilia Romagna Teatro Fondazione, lo Stabile Regionale che produce la rassegna, ha scelto di mantenere aperto il Teatro delle Passioni anche durante la notte, trasformandolo nel cuore del festival. Il personale organizzativo e in stage, così come tutti gli artisti in cartellone, sono stati consultati e lasciati liberi di scegliere se restare in città o tornare alle rispettive città d'origine, se venire a Modena o meno. Tutti avevano scelto di esserci, fermati solamente dalle chiusure di sicurezza dei teatri storici imposte dai Vigili del Fuoco.
Fabrizio Orlandi, a cui rivolgiamo qualche domanda, è il responsabile tecnico del festival. Insieme alla sua squadra ha supportato le compagnie e rassicurato tutti gli addetti ai lavori, rendendo il teatro non solo un luogo sicuro per chi vi opera all’interno ma anche accogliente per chi ha scelto di passarvi una serata in compagnia.
Che aria si respira nella città di Modena dopo il terremoto?
La situazione è molto pesante. Se si gira in città, la sensazione che ti si attacca addosso è quella di una grande paura, forse anche eccessiva. Sembra essersi svuotata, come se non fosse più abitata. Pare di girare tra le scenografie abbandonate di un vecchio film western.
Il Teatro delle Passioni ha avuto sin da subito la conferma dell'agibilità...
Si tratta di un edifico storico, protetto dalla sovrintendenza per l'archeologia industriale. Questa era la sede della AMCM, azienda municipalizzata comunale di Modena, è in cemento armato, con muri spessi un metro e mezzo. I tecnici comunali hanno fatto verifiche in tutti gli ambienti e ci hanno confermato la stabilità dell'edificio. Le scosse più forti, almeno quelle che abbiamo finora avvertito, fanno molto rumore ma lasciano "fermi" i muri, dando una certa sensazione di sicurezza. Detto questo, nessuno di noi è mai libero dalla paura, nonostante l'assenza effettiva di danni concreti nella città di Modena.
Come si riesce a lavorare in tali condizioni?
Abbiamo cercato di fare al meglio quello che sappiamo fare. Continuiamo a fare il nostro lavoro nel migliore dei modi possibile e già questo, in ogni caso, infonde sicurezza e fiducia. L'artista che ha scelto di venire per mettere in scena il suo spettacolo merita accoglienza. Quello di cui c'è veramente bisogno è essere presenti soprattutto sul piano relazionale, e poi su quello tecnico. Accoglienza e buon lavoro sono il più grande sostegno che possiamo dare.
La vostra squadra tecnica ha organizzato alcune serate di musica fuori programma, proprio per dare un segnale di apertura alla città. Come sono nate?
Il direttore ci ha invitato a mantenere aperte le Passioni anche dopo gli spettacoli, per dare alla città un luogo di incontro, e abbiamo organizzato delle serate di musica dal vivo e dj set, mettendoci in gioco in prima persona, cercando di mettere a frutto la rete di relazioni che siamo riusciti a costruire in città in tutti questi anni. Qualcuno ha pensato che tali serate fossero inopportune, molti altri ci hanno invece ringraziato di cuore per avere offerto uno spazio di socialità in momenti davvero difficili per tutti.
Cambiando argomento, e provando a guardare avanti, che futuro vedi per quest'area cittadina? Hai visto nascere questi spazi, e negli ultimi anni si è parlato molto di ristrutturazioni, di teatri da costruire ex-novo... cosa auspicheresti per gli anni a venire?
L’Ert è in questa sede dal 1999. Il progetto iniziale dell'architetto romano Melograni prevedeva la creazione di una sorta di cittadella della cultura, ma col tempo venne meno il desiderio concreto di investire. Invece, a mio parere, la direzione indicata era quella giusta, occorreva la volontà di progettare interventi a lungo termine. Se così fosse stato, se si fosse iniziato a lavorare per ristrutturare passo passo, ora ci saremmo ritrovati con molti spazi da sfruttare. Fatta questa premessa e tornando al presente, quello che potrà accadere nei prossimi anni è molto difficile da prevedere. Noi, per esempio, saremmo dovuti restare qui in forma provvisoria e sono passati dodici anni. Per prima cosa, se scegliessi io da dove partire, direi che sono sono necessari lavori manutenzione degli edifici delle Passioni, perché costruire un teatro tutto nuovo richiederebbe risorse che attualmente non esistono, oltre che tempi lunghissimi. Per quanto riguarda il festival, sarebbe bello che quest’area ne fosse il cuore pulsante, sarebbe bello se si potessero utilizzare a pieno regime le tre sale presenti all'interno dei nostri capannoni. In questo modo sarebbe possibile programmare quasi tutti gli spettacoli qui, senza ovviamente voler escludere i teatri storici per alcuni appuntamenti. Oltre a facilitare le questioni logistiche, una scelta simile garantirebbe al pubblico un luogo unico di incontro, rendendolo un punto di riferimento forte per la città e per la regione.
Carolina Ciccarelli