Siamo a Finale Emilia di fronte al teatro crollato esattamente un anno fa ed entriamo nella tenda che funge da teatro per vedere Teatro Naturale?. Ad accoglierci molto amichevolmente c’è Stefano Pasquini del Teatro delle Ariette che, dopo una piccola dedica dello spettacolo a Franca Rame e alle vittime del terremoto, da bravo padrone di casa ci invita nella sala. Ci sistemiamo tutti a tavola accanto ad amici e sconosciuti. Breve introduzione sulla filosofia delle Ariette, un brindisi al teatro con un Lambrusco di Sorbara e subito i racconti di Pasquini ci portano in Francia nell’estate del ’78, quando il regista, oltre a conoscere l’amore fisico con una ragazza francese dalle origini catalane, ha incontrato per la prima volta l’opera di Camus attraverso la lettura de Lo straniero. Così biografia del regista e romanzo si intrecciano, mentre ci viene chiesto di tagliare velocemente gli ortaggi nel piatto di fronte a noi per preparare il cous cous. La nostra azione diventa parte della messa in scena, un’azione reale che entra nella drammaturgia.
I personaggi di Camus prendono vita attraverso le voci di Paola Berselli e Maurizio Ferraresi. I capitoli del romanzo sono scritti su pannelli bianchi attaccati a diversi supporti che diventano parte degli elementi di scena: fissati su un’asta servono da sacco per la boxe, stesi a terra sono letto e bagnasciuga sui quali l’attrice, sdraiandosi con il suo vestito rosso, origina un’immagine poetica attraverso il contrasto dei colori. Il protagonista del romanzo Meursault è stranamente impersonato da Paola, che diventerà anche la sua amante Maria; Maurizio invece è tutti gli altri personaggi del romanzo, dal direttore dell’ospizio dove è morta la madre di Meursault al suo amico Raymond all'arabo che verrà ucciso. In mezzo alle tavolate dove noi spettatori continuiamo a far l’aperitivo si trova un pentolone pieno d’acqua che rievoca il mare algerino, in una scenografia essenziale: due pareti coperte da un tappeto rosso riducono lo spazio teatrale creando un ambiente più intimo; a un’estremità stanno la cucina delle Ariette e un impianto stereo, dall’altra una sedia su delle rotelle molto bizzarra: allo schienale è attaccata una rete del letto dalla quale partono due tubi come quelli di un aspirapolvere, collegati a due cuffie che saranno indossate dalla Berselli quando si siederà. Ogni capitolo de Lo straniero è intervallato dai ricordi di Pasquini, grazie ai quali si precisa la scelta dell’opera e del piatto servito. Anche il regista stesso in alcuni momenti diventa uno dei personaggi di Camus e le scene d’amore tra Meursault e Maria si trasformano in attimi di tenerezza tra lui e sua moglie Paola. Terminata la lettura de Lo straniero ci si aspetterebbe che lo spettacolo fosse concluso, ma la cena non è pronta e l’attesa è ancora lunga. Pasquini continua spiegando le somiglianze tra lui e lo scrittore francese, ma non è chiaro se in chiave ironica o se ne sia davvero convinto: entrambi giocavano a calcio nel ruolo di portieri, facevano teatro, Camus è morto nel periodo in cui il regista è stato concepito.
L’enfasi nella narrazione è tanta, dalla voce degli attori e in particolare della Berselli si sprigiona un pathos che a volte più che emozionare allontana dall'opera. Il climax si ha durante la recitazione del discorso di Camus alla consegna del Nobel quando il volume del microfono, alzato al massimo, rischia di coprire la potenza delle sue parole. Alla fine il cous cous è servito. Tutti gli spettatori, che hanno mangiato con gusto, non dimenticheranno facilmente questa serata a teatro trascorsa piacevolmente a tavola.
Sonia Logiurato
Laboratorio per uno spettatore critico, Vie Festival 2013