Abbiamo incontrato Marianne Pousser della compagnia Khroma, a VIE con Phèdre in scena al Teatro Herberia di Rubiera. L'interprete e ideatrice ci racconta la genesi e lo sviluppo del progetto nel quale si colloca lo spettacolo.
Phèdre è la seconda parte di un trittico basato su una raccolta di poesie di Yannis Ritsos consacrate a figure maschili e femminili della mitologia greca…
Questo progetto nacque tempo fa, quando scoprii la poesia di Yannis Ritsos. Insieme a Enrico Bagnoli, regista e scenografo dello spettacolo, abbiamo cominciato una ricerca sulle figure di cui parlavi e su come risuonano nel mondo di oggi. Abbiamo deciso di sviluppare il lavoro cercando di intrecciare vari linguaggi come il testo, che è un punto di partenza, e musiche originali scritte appositamente, che richiamano immagini per noi molto importanti. Vogliamo creare un mondo fantasmatico e mentale, come se si entrasse nell’immaginario dei vari personaggi. Fedra ci interessa perché è una regina dalla personalità molto forte che sceglie di vendicarsi del giovane Ippolito dopo che lui ha rifiutato il suo amore. Nel testo di Ritsos, Fedra nella sua ultima ora di vita parla di quanto lo desideri, lo ami, e allo stesso tempo invoca vendetta. Ci colpisce pensare a quanto una donna adulta possa sentirsi abbandonata vedendosi respinta. La depressione e la sofferenza sono rappresentate in scena da una sorta di scesa negli inferi. Si vede nello spettacolo una Fedra che vive in un mondo chiuso come una gabbia da cui prova a uscire cercando l’amore, per poi comprendere che non funzionerà. Spera che la morte possa essere un sollievo, ma poco a poco scopre che non sarà così. Questa è la nostra Fedra.
Che tipo di ambientazione troveremo sul palco?
Si tratta di un mondo meccanico che circonda Fedra e la mette in una gabbia, allo stesso tempo è un riflesso organico della sua vita corporea. In scena si vedono dei fornelli che fondono il ghiaccio trasformandolo in fumo, creando così un ritmo, un ciclo continuo. Le macchine vivono o riflettono l’angoscia della protagonista. Tutto quello che si vede è anche qualcosa che suona e allo stesso tempo è l’espressione della sua intimità.
Qual è il rapporta tra musica e teatro?
La musica è un linguaggio. Le parole possono dire una cosa, le immagini un’altra, diversa dalla prima, mentre la musica può esprimerne anche altre. Di solito la musica entra in campo quando le parole non possono più esprimere un’emozione. In Phèdre la musica si fa carico di quest’espressione, più intima, sensuale, istintiva, dello spettacolo.
Nel corso della mia formazione ho scoperto che il palcoscenico non è solo musicale ma che può essere utilizzato in altri modi. Questa cosa mi ha molto interessato. Bisogna approfondire la frontiera, il filo in cui si intrecciano voce e canto, senza pensarle come categorie chiuse.
di Francesco Demitry
(Per uno spettatore critico 2014)