Trasformare le parole in gesti è possibile. Lo dimostra Virgilio Sieni che ogni volta spiazza il pubblico donando coreografie che non si limitano ad essere puri strumenti estetici ma nascondono forti impianti drammaturgici. Questa volta, con la sua nuova produzione Dolce vita_Archeologia della passione, ci porta nel Vangelo secondo Matteo mostrandoci un angelo dalle ali spezzate e una comunità di clown dallo sguardo turbato a volte quasi sconcertato che divide lo spettacolo in cinque quadri: Annuncio, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura, Resurrezione. Nel primo episodio un angelo, impersonato da Ramona Caia, cammina timidamente e faticosamente verso il pubblico con una maschera trasparente che appiattisce e nasconde il suo vero volto e si accascia per terra ricurvo su se stesso senza energia. Successivamente all'Annuncio si prosegue con la Crocifissione, tutti i danzatori indossano un cappello a forma di cono che punta verso l'alto dando un senso di elevazione. Gli oggetti cuneiformi sembrano delle protesi, vengono appoggiate su varie parti del corpo, testa, gomiti, ginocchia, come per allungarlo e avere un contatto con l'esterno, fino a quando gli interpreti raggiungono la verticalità aprendo le braccia e tendendo verso l'alto. Un quadro, questo, che mostra il dolore tramite i gesti e i movimenti che si interrompono per fare spazio alla Deposizione, in cui i corpi si appoggiano su pezzi di legno di varie misure, si aiutano a vicenda e sono come spezzati da fragili equilibri. Nel penultimo quadro, Sepoltura, questa comunità si spoglia e si muove come se fosse un'unica anima all'interno di un tappeto bianco, gli interpreti alternandosi si lasciano andare al suolo ma, con la Resurrezione, la loro danza si fa più veloce fino a quando si fermano fissando il pubblico: i movimenti diventano compulsivi, la testa, il corpo e la voce iniziano a vibrare, sembra che gli interpreti vogliano depurarsi e liberarsi per affidarsi a una nuova vita. Così la comunità si allontana dalla scena senza quinte lasciando da solo su una piccola pedana il bravissimo contrabbassista Daniele Roccato con la sua loop station.
Un viaggio iconografico pieno di figure che si muovono nello spazio scoprendo una strada verso una nuova vita: «Una mappa archeologia del corpo», come spiega Sieni riferendosi al sottotitolo, «che tenta di indicarci un sentiero possibile di adiacenze della danza alla vita, della vita al corpo, delle azioni alla bellezza e alla tragedia». Questo spettacolo umanizza i testi evangelici facendoci vedere il percorso del corpo di Gesù che si dimostra essere semplicemente il corpo di un uomo. Lo sguardo dei danzatori che punta verso il pubblico è un elemento ricorrente, forse per ricordarci che si tratta anche della nostra storia, una storia che parla dell'uomo, del suo stare al mondo, della necessità di una comunità, della voglia di superare i limiti svincolandosi da una maschera per svelare la propria essenza e risorgere a nuova vita.
Alessandra Corsini
(per uno spettatore critico 2014)