Come ogni anno prima dell’inizio di Vie, abbiamo incontrato il direttore artistico dell’Ert Pietro Valenti per farci raccontare il lavoro e le aspettative che ruotano intorno al festival. Anche in questa undicesima edizione si alternano grandi nomi, come Alain Platel e Romeo Castellucci, a nuove proposte italiane e internazionali.
Come vengono scelti gli spettacoli del festival?
Il festival si costruisce sulla base di relazioni che coltiviamo con gli artisti. Il programma di quest’anno è ridotto rispetto a quelli degli anni passati, a causa di un minor finanziamento da parte del Ministero, ma la qualità resta molto alta anche grazie a collaborazioni come quella con Musica Insieme, che ci permette di programmare per esempio King Arthur di Motus; altro nome di punta è quello della grande coreografa francese Maguy Marin, che qui presenta ben due spettacoli, fra i quali lo storico May B. Bisogna però ricordare che basta una sola presenza su un palco con una lampadina per fare uno spettacolo formidabile, e questo è sicuramente il caso di Virgilio Sieni, che dopo 15 anni dalla creazione di Solo Goldberg Improvisation abbiamo convinto a cimentarsi in un nuovo assolo, Isolotto, che debutta in prima assoluta a Vie. D’altro canto un contenuto valido qualitativamente e la relazione con lo spettatore restano le componenti fondamentali per un “buon teatro”. Un artista può definirsi tale nel momento in cui non guarda semplicemente ciò che ha davanti, ma riesce ad andare oltre il velo dell’apparenza, tanto da spingersi al limite di un confine non prestabilito.
Un festival che scatta una fotografia delle ricerche artistiche del presente...
L’intento di Vie, non lavorando su un solo tema, è quello di proporre una pluralità di linguaggi all’interno del contemporaneo da presentare a un pubblico che sa scegliere. Si tratta di creare una composizione in grado di incuriosire, dunque capace di invogliare sia gli spettatori affezionati sia chi viene al festival per la prima volta. Vie è frequentato inoltre da tanti operatori culturali di tutto il mondo (Israele, Georgia, Cina, Argentina, Russia, Francia, Belgio, Germania) che vengono nell’ottica di assistere a spettacoli che poi potranno ospitare nei loro Paesi.
Vie da sempre è particolarmente attento anche alle realtà emergenti...
Rivendico personalmente questa linea, svolgiamo una funzione pubblica e non dobbiamo accontentarci di presentare programmi finalizzati agli incassi. Purtroppo capita che i giovani artisti pensino che il giudizio dato sul loro lavoro non sia imparziale, ma è solo una questione di scelte: noi scegliamo di portare un teatro non banale, che si offra come occasione di riflessione per il pubblico, per chi ci lavora e per gli artisti coinvolti. Questo è il caso della collaborazione con Levan Tsuladze, regista georgiano di Memorie di un pazzo, spettacolo coprodotto dall’Ert e che vede in scena quattro giovani attori italiani della nostra scuola di formazione e altrettanti attori georgiani. È un’occasione per entrare in relazione con un linguaggio diverso, distante dal nostro quotidiano, così come accadrà con lo spettacolo dell’argentino Nelson Valente, El loco y la camisa. Fra i più giovani segnalo la presenza del riminese Teodoro Bonci del Bene, che lavora sul drammaturgo russo Ivan Vyrypaev, e dell'artista bulgara Sneyanka Mihaylova, con la quale stiamo avviando un progetto biennale».
Come vede il panorama emilano-romagnolo odierno, anche dopo la riforma ministeriale?
Credo che i contorni del sistema siano diventati più chiari: ci sono un teatro nazionale, un circuito, diversi centri di produzione e di teatro ragazzi; è stato poi dato un riconoscimento nel settore del circo al Comune di Correggio. Non credo che il nostro modello regionale possa essere trasferito di sana pianta in altri contesti geografici... tutto dipende dall’ascolto reciproco delle persone. Quando ci si ascolta e si dialoga il sistema funziona, e da noi è accaduto.
a cura di Cristina Tacconi - Laboratorio per uno spettatore critico