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Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


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''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


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“Comizi d’amore”, open call per registi/drammaturghi e attori under 35 di Kepler-452


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La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


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Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


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Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


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Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


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Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


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Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


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PER UNO SPETTATORE CRITICO, LABORATORIO DI GIORNALISMO > Forme di gesti sfumati, con Giorgio Morandi. Intervista a Virgilio Sieni

Interviste, recensioni, approfondimenti, interventi dal laboratorio di giornalismo "Per uno spettatore critico", in diretta da Vie a Modena e Bologna dal 13 al 23 ottobre 2016

Intervistiamo Virgilio Sieni per discutere con lui di Ballo 1890_Natura Morta, ispirato alla pittura di Giorgio Morandi e presentato in anteprima in questa dodicesima edizione del Festival.

Come si è avvicinato alla poetica morandiana? Cosa l’ha ispirato in particolare del suo approccio all’arte?

La poetica di Morandi accompagna il mio agire da tantissimo tempo; costituisce parte di un vocabolario da cui attingo continuamente, non tanto come citazione di qualche opera in particolare, quanto più per il senso che Morandi da alla pittura. Il modo in cui fa scaturire la forma con un discorso prettamente legato alla luce e a un qualcosa che sta fuori dal perimetro. Qualcosa che tende a creare una cosmologia di elementi sensibili: gli oggetti dislocati nello spazio assumono un aspetto ampio, che va oltre il senso dell’oggetto in sè.
Le nature morte del pittore sono degli approfondimenti sulla vita, sul senso del vuoto, su come la luce va a formare corpi e come essi transitano da un tempo all’altro.
Nelle sue composizioni si annida il senso dell’incrinatura, del deposito della polvere, c’è un’estrema cura nel rendere l’aspetto del trascorrere del tempo. Ballo 1890 non va a riproporre delle opere specifiche, sarebbe impossibile, noi agiamo con corpi in scena, però cerca di cogliere degli aspetti legati ad un organicità dello spazio. I tanti interpreti vanno a formare una struttura molecolare in scena, come se si depositasse sui loro corpi luce, tempo e polvere che sommati creano un effetto molto simile alla trasparenza e all’imprendibilità delle forme di Morandi

Morandi in una delle sue rare interviste dichiara: «Non c’è nulla di più surreale e astratto del reale»...

Morandi parla del reale, quindi della verità. Scavando nel dettaglio del reale e della verità si trova qualcosa che va molto oltre l'ovvio, oltre lo scontato. Si va oltre la superficie.

Il suo spettacolo contiene, forse, un aspetto paradossale: cercare di trasporre la natura morta, il massimo della staticità in arte, nel linguaggio del movimento della danza. Quali dispositivi creativi ha impiegato?

Morandi dimostra l’impossibilità di una stasi. Nelle sue opere è evidente una ciclicità continua di luce, anche se poi delle luci vengono fissate perché ovviamente il quadro non si muove. Oltre al dipinto in sé c’è tutto un prima e un dopo da gustare. Allo stesso modo gli interpreti hanno fatto un lavoro interamente legato alla prossemica, come fossero un unico corpo, ma cercando di rivelare elementi leggermente diversi l’uno dall’altro. È come se dessimo di uno stesso gesto centinaia di versioni leggermente diverse nella forma, quasi come il fantasma di un movimento che si trasmette nell’altro. Si verifica una proliferazione continua dello stesso gesto che va a sfumare sempre la forma originaria, come i contorni incerti delle immagini morandiane.

Da anni lei lavora con danzatori non professionisti. Può parlarci delle condizioni di lavoro e delle risorse inaspettate scaturite da queste esperienze?

Questi interpreti sono persone che non hanno assimilato dei codici in maniera continuativa. Esprimono principalmente un panorama di incertezze, debolezze, imperfezioni consapevoli. Quello, insomma, che dimostra di accogliere anche l’opera di Morandi. La grande opportunità di lavorare con gli amatori non è tanto per un uso, un impiego motivato dai loro corpi particolari, è la loro qualità di gesto che li rende estremamente preziosi. In questo senso agiamo in una dimensione extracodice di reinvenzione del quotidiano. Sono tutte persone che dedicano molto tempo alla riscoperta del senso del gesto e compiono un percorso direi scientifico, quasi di fisiologia: andare a comprendere come funziona l’articolazione, il senso dello sguardo, il senso della vicinanza all’altro.

Lavora spesso con gruppi molto numerosi, come gestisce la direzione di tanti interpreti?

Mi appassiona mettere insieme persone così varie, con origini, provenienze ma anche mestieri diversi: il danzatore professionista, il disoccupato, il pensionato, il novantenne o il giovanissimo studente. La cosa più importante è creare un’idea di comunità gestuale che accomuna diverse esperienze. Poi è intrigante creare all’interno del gruppo, a loro insaputa, degli assistenti coreografi. Sarebbe impossibile per me gestire da solo tutto quanto, dunque non posso che costruire responsabilità interne, con l'apporto fondamentale dei miei danzatori: imparano una tecnica, legata appunto alla prossemica e alla tattilità, e allo stesso tempo mi consentono di gestire da dentro la dimensione registica.

Spesso ha portato i suoi lavori all’estero, per esempio in Cina. Le è capitato di avere percezione di reazioni diverse da parte del pubblico?

La reazione del pubblico è sempre diversa. Non importa andare in Cina. In Italia basta cambiare provincia e trovi sempre una dimensione totalmente diversa che dipende da quello che è stato fatto in termini di tessuto sociale. Io mi sono trovato molto bene ad Hanoi dove tutti praticano il Tai-Chi. Io pratico una forma di movimento che non è superficiale, riguarda l’ascolto del corpo, ed ad Hanoi ho riscontrato un ascolto estremamente attento del lavoro. Mi sono trovato bene anche in tanti comuni italiani, dipende sempre dal tessuto sociale e dalle politiche culturali messe in atto. La proposta del corpo, in tutti i luoghi del mondo, è una questione primaria, che dovrebbe porci una domanda su come abitiamo il corpo stesso. I cinesi si sono trovati di fronte un’opera che trasgredisce tutti i loro concetti coreografici e di spettacolo, dunque hanno provato una forma di attrazione.

Ci pare di individuare un parallelismo fra la sua attività, dal forte profilo didattico e formativo, e il lavoro didattico di Giorgio Morandi (professore di incisione all’Accademia di Bologna). Che idea ha della didattica e del suo ruolo?

La didattica è uno strumento. Una postura principalmente intesa come dialogo con l’altro in una dimensione di passaggio, di trasmissione, un modo di porsi non unilaterale che mi interessa molto. Attraverso l’Accademia sull’Arte del Gesto riusciamo a stabilire una relazione tattile sugli elementi primari, impostiamo di volta in volta delle regole su come strutturare il lavoro. La didattica, l’approccio alla trasmissione, è fondamentale per la comprensione dell’opera. Non tanto da un punto di vista lineare e narrativo, quanto sugli elementi fondanti: Il senso della gravità, del peso, la possibilità che abbiamo attraverso il nostro scheletro di ripensare tutta la nostra archeologia, non solo di ossa e di organi ma anche di gesti. Ripensare a tutta la storia dell’uomo dall’inizio. Della didattica mi affascina la possibilità di ricostruire e reinventare l’uomo.

Ci parli della sua collaborazione con la corale Savani di Carpi…

Con la corale e in particolare con Paolo Violi, loro direttore artistico e maestro, è iniziata una collaborazione molti anni fa, dopo il terremoto. Grazie a loro abbiamo sperimentato una possibilità che non esiste più a livello professionistico: lavorare a lungo con una corale, insistendo sulla relazione tra corpo, suono, gesto e canto. È una relazione feconda ed esprime forte disponibilità di presenza da parte loro e che permette di creare spettacoli dal tratto peculiare.

A cura di Alessandro Carraro

         

FESTIVAL

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Osservatorio sul teatro ragazzi

14 - 22 ottobre 2017
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Santarcangelo · 13
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Immagini a cura di Osservatorio Fotografico, note a margine su Pinocchio

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SANTARCANGELO •12
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Settembre 2011
Arca Puccini - Musica per combinazione
Rock indipendente italiano e internazionale