Vie Festival si è aperto con due spettacoli molto diversi fra loro ma in qualche modo complementari nel tentativo di “aggredire” il presente. Chekhov's First Play dei Dead Centre e Encore di Theodoros Terzopoulos, andati in scena a Modena rispettivamente al Comunale e alle Passioni, provano infatti a sviscerare la crisi della nostra contemporaneità.
Ad animare la scena di Terzopulous un uomo e una donna, in un incontro e scontro di corpi, voci, versi e azioni. Una croce bianca sul tappeto nero, un rettangolo verticale che sembra allo stesso tempo casa e loculo, tre colori “ancestrali”: nero, rosso, bianco compongono la scenografia dello spettacolo. Encore è la ripetizione ossessiva, il desiderio, il rifiuto, la costrizione: la vita di una coppia sondata e declinata nell'intera estensione delle sue possibilità.
Nello spettacolo del collettivo dublinese, invece, il discorso sul contemporaneo decolla partendo dalla prima opera di Cechov, Platonov, in cui una società persa nella vacuità della provincia rurale fa della figura dell'istitutore il proprio centro posticcio e pericolante. I Dead Centre connotano l'attesa di Platonov di caratteri quasi beckettiani, accompagnano l'azione con un commento libero della regia che spiega, tradisce e ironizza, arrivando fino a una cesura radicale dal modello di partenza. Dalla metà dello spettacolo in poi, il copione si frammenta, la quarta parete si infrange, la scenografia viene simbolicamente demolita e incendiata con soluzioni sperimentali e spettacolari.
Da una parte quindi l'essenziale innesto di corpi e voci di Encore, dall'altra una regia spettacolare che da Cechov arriva a comprendere un male che sembra ormai in metastasi. Di cosa ha più bisogno il teatro per poterci parlare del presente: di una regia forte che restituisca una complessiva visione del mondo o di un'azione che attraverso l'immedesimazione porti all'esperienza?
Natalia Guerrieri, laboratorio Per uno spettatore critico