Una serata particolare quella di venerdì 20 ottobre a Vie Festival con TALOS di Arkadi Zaides. A ospitare la performance una sala conferenze del MAST di Bologna, con la sua imponente architettura dal carattere “futuristico”. Una volta entrati, ci raduniamo in un foyer dove veniamo accolti da un elegante buffet: è una situazione straniante, sembra tutto molto formale, quasi troppo. Aperte finalmente le porte della sala, ci accomodiamo sulle comode poltrone. Il coreografo si posiziona al centro del palco con un atteggiamento affabile e rilassato, ha un microfono ad archetto e ci introduce senza alcuna premessa o formula di benvenuto alle immagini proiettate sullo schermo alle sue spalle. Sono video stilizzati che simulano i controlli attuali alle frontiere europee: pallini blu per i migranti, neri per le guardie e i cancelli meccanici. Zaides, dandoci le spalle come se fosse anche lui spettatore, descrive i movimenti di questi anonimi “puntini” e le loro interazioni, fino a quando a parlare sono le immagini reali di gruppi di migranti che si confrontano e scontrano con le guardie alle frontiere. Il coreografo, voltatosi di nuovo verso di noi, passa a introdurre il vero protagonista della serata: TALOS, progetto finanziato dall’Unione Europea testato e mai giunto a fase operativa, che sostituirebbe le guardie umane con robot semoventi. Eccoli comparire sullo schermo: sorprende e provoca una certa inquietudine la loro vicinanza alle movenze e soprattutto alla camminata umana, quella che Zaides replica sul palco mentre ci illustra componenti e capacità dei robot. Il coreografo cammina in cerchio, così come verrebbero posizionate le macchine attorno all’area da pattugliare, continuando a parlarci delle potenzialità e dei vantaggi di queste nuove tecnologie alle frontiere; ci racconta che nonostante i protocolli e le missioni prescritte da portare a termine, potrebbero essere in grado di affrontare anche problemi e situazioni impreviste, o per lo meno segnalarli. Zaides si ferma, ma continua a parlare. Si pone al centro del proscenio, il ritmo del suo discorso si fa sempre più serrato, forse “mimesi” della velocità crescente dell’innovazione tecnologica. Sullo schermo reali riprese dall’alto di profughi alle frontiere, integrate con il video-simulazione del nuovo sistema, quasi a dirci «è una realtà possibile, più vicina di quanto si immagini». Questa interpretazione trova conferma proprio nelle sue parole finali: « […] il processo di sostituzione di figure umane con robot sia in operazioni di routine sia ad alto rischio verrà continuato e persino accelerato nel prossimo futuro». Applausi. Ci alziamo confusi. A cosa abbiamo assistito? Ci sembra di aver partecipato a una conferenza, forse la presentazione di un prodotto, mentre l’aspettativa era una performance. Ma siamo proprio sicuri che non lo fosse?
Ilaria Cecchinato
laboratorio Per uno spettatore critico