Questo sarà un debutto, in una forma più sviluppata, di un lavoro che partecipa al concorso Giovani Danz'Autori, di cui hai già affrontato la prima fase con un abbozzo preliminare di à elle vide. Mi puoi raccontare in cosa consiste questa proposta di Longiano?
Quel che avviene in scena è molto semplice, si tratta solo di presentare due personaggi, che poi sono due animali, un gallo e uno scorpione, interpretati da me e da mia sorella Agata. Quando parlo di presentazione è perché cerco di cogliere l'immediatezza di un cartone animato, penso per esempio a Betty Boop, in cui si riesce a cogliere il suo carattere e il suo atteggiamento semplicemente guardando il disegno. Lo stesso vorrei accadesse con questi due personaggi, perché in scena non accade nulla, ci tengo a sottolineare il fatto che si tratta di una semplice presentazione, di un atto.
Quindi vedremo due animali che compiono delle azioni, esistono nel movimento, sono lì. L'atto è il fatto stesso di esserci, ma questa compresenza porta anche una relazione tra i due personaggi?
Quello che cerco non è una relazione immediata o psicologica tra i due, è più esatto descriverla come una vera e propria dialettica che nasce dal loro accostamento. Non c'è realmente un rapporto tra queste figure, non si tratta di svelare cosa hanno in comune o capire ciò accade tra i due. Semplicemente è qualcosa che succede: entra prima un animale e poi l'altro ed ecco, sono loro.
Mi incuriosisce il tuo fare riferimento a un'icona di un universo completamente altro per catturare l'essenza del tuo lavoro. Stai quindi cercando di riproporre in scena la sintesi e l'immediatezza permesse dal tratto grafico o questo legame nasce anche da altre suggestioni?
A livello visivo nel mio lavoro tutto è ridotto alla sua forma più semplice, anche i colori sono sceltissimi, solo il nero dello spazio, insieme al rosso e al bianco dei costumi. Questa evidente semplicità nasce dal fatto che non c'è nulla di nascosto, nulla che non si veda in scena, anche se rimangono delle zone di mistero come per esempio il modo di muoversi dello scorpione che appare, appunto, velato, misterioso, quasi come se il personaggio nascondesse qualcosa. In realtà non c'è nulla da capire o da scoprire, si tratta semplicemente della natura dell'animale, del suo atteggiamento, è semplicemente il suo modo di essere. Ti ho nominato Betty Boop perché da sempre penso a questa forma di cartone animato, o meglio a questa idea di creare una semplicità tale da render tutto simile a un fumetto o a un cartone animato. Inoltre l'idea di questo lavoro è nata da due miei disegni, due esseri che ho creato. Ci tengo molto a precisare questo perché quello che mi ispira di più per la danza non è tanto il movimento in sé. Ovviamente è fondamentale, ma nella mia danza il movimento non nasce mai gratuitamente, è più come un onda che sgorga da un carattere. Se in scena agisco in un certo modo è perché sono un gallo, non perché ho scelto alcuni movimenti che mi sembravano funzionare e grazie a essi posso dire di essere un gallo. Prima è stata l'idea del gallo e dello scorpione in forma di disegno, poi i costumi e in seguito la partitura fisica. Per forza allora il movimento sembrerà naturalmente quello di un gallo, perché è maturato secondo un processo ben preciso. Non è l'immagine che si innesta sul movimento ma al contrario è l'immagine che lo crea, in questo modo le azioni si adattano sempre sempre al carattere del personaggio.
Quindi il processo di creazione si potrebbe schematizzare, anche a rischio di essere brutali, dicendo che prima è nata l'idea e l'immagine degli animali, poi i costumi, poi i caratteri individuali e quindi il movimento.
Esattamente così. Per esempio lo scorpione indossa tacchi a spillo piuttosto alti, il movimento stesso è stato pensato apposta per i tacchi di quella altezza, è molto diverso da ciò che faccio io che sono scalza. Questo è un esempio banale ma si adatta anche a altre parti più complicati del costume, oggetti che hanno richiesto moltissimo tempo per la loro realizzazione. Infatti indossiamo due elmi, due caschi in vetroresina fatti da noi. Per me è stato fondamentale il fatto che Agata stessa si costruisse questo copricapo, anche se il disegno esisteva già, che ne scegliesse la proporzione, prima lavorando sulla creta e poi con la vetroresina. Questo aspetto del costruire e del costruirsi come personaggio per me è molto importante, oltre che estremamente divertente. Travestirsi prima di entrare in scena è in effetti la cosa più divertente di tutto il lavoro, ma c'è in questo anche un potenziale di trasformazione, è appunto un autocostruirsi, un po' come fa Spiderman che quando indossa il suo costume diventa un supereroe.