C’è un buio onirico che avvolge le immagini di à elle vide. Il buio delle camere dei bambini che hanno paura del sonno e chiamano mamma e papà per farsi raccontare una storia. Nello spettacolo di Teodora Castellucci, in scena con la sorella Agata, quella storia è già superata, forse non è mai stata nemmeno richiesta. Quello che è certo è che siamo in un mondo fantastico, imprevedibile, dove immagini, colori e suoni sorvolano l’infanzia pur possedendola, e sfiorano i confini del mondo adulto perché è con occhi adulti che queste immagini sono state create.
Sorge dal palco un gallo indemoniato, si muove aggressivo, giocando con malizia con il rigido abitino rubato all’ingenua Biancaneve dysneyana o più probabilmente alla Marvel Girl degli X-men. È Teodora. Dipinta di rosso su tutto il corpo come un diavolo del basso inferno, che con duri colpi di braccia fende l’aria di fianco a lei, e smuove di continuo i confini del suo corpo irrigidendo i muscoli del collo, gonfiando le guance e facendo danzare anche le labbra, capaci di trasformare un sorriso voluttuoso in un ghigno spudorato e maschile.
A farle da controcanto, poco lontano, uno scorpione bianco avvolto in un ampio gonnellino di tulle, con la coda rigirata su un copricapo lucido, che entra ed esce dal cono di luce che lo sovrasta. Danza delicatamente sul posto inerpicandosi su una spirale invisibile disegnata dalla musica di Demetrio Castellucci, un componimento dai suoni velati, con un andamento più morbido ma strutturalmente simile al precedente brano electro-metal, che torna poi a chiudere lo spettacolo. In questo terzo momento, infatti, le due danzatrici sono insieme sul palco, occupando, ciascuna a suo modo, uno spazio energetico che danza da sé. La musica, serrata e composita, amplifica le vibrazioni dei loro corpi e di tutto lo spazio circostante.
È uno spettacolo nuovo, dove l’unica artista del festival che non ha ancora vent’anni affronta la scena con una sfrontatezza propria di questa generazione, manifestando un carattere ribelle sin dalla sua forma, nei colori, nei gesti, nei simboli adottati. E delle nuove generazioni raccoglie anche le inevitabili contraddizioni del presente, ereditate controvoglia e vissute senza possibilità di replica.