Ho visto supermercati popolarsi di danzatori e binari della ferrovia fare da cornice a quadretti in movimento. Ho visto cartelli stradali più ingombranti delle pozzanghere che segnalavano.
Ho visto un tizio che fermava dei giovani per strada regalando casse piene di meloni perché ne aveva in abbondanza. Ho visto benzinai che si offrivano di accompagnare a destinazione turisti sprovveduti. Ho visto famiglie adottare occasionalmente estranei, palestre ospitare scuole greche, biblioteche albergare redattori.
Ho visto un paese fiero che il proprio nome si debba alle concubine per cui un ricco signore del luogo (tale Alfonso d'Este) aveva fatto costruire abitazioni di piacere; un paese che in occasione dell'ultimo referendum, a fronte di uno scarso 30% italiano, ha visto il 65% dei suoi cittadini alle urne; un paese che riesce ad ospitare contemporaneamente un festival di danza e un concorso sportivo ponendo davvero le famose domande al pubblico su ciò che sta vedendo. Ho sentito bariste sconosciute interessarsi dell'esito degli spettacoli e commesse confrontare criticamente la qualità artistica dei gruppi. Ho bevuto un caffè a 60 centesimi (giuro!), ho consumato una birra all'aperto alle tre del mattino comprata in un bar già serrato (e venendo da Bologna, a soli 80 Km da qui, si comprende lo stupore!). Voi umani non potreste mai immaginarvelo quello che ho visto.
Questa di Alfonsine è una sfida al tempo, che da dieci anni cerca di sfornare altri replicanti, sopravvivendo al peso che soffriamo tutti della scadenza dei contratti. Niente navicelle da combattimento in fiamme o raggi B balenanti nel buio: solo cose di questo mondo troppo umano e un appello ad alieni che ci vengano a salvare.
Roy Batty, alias nexus6, avrebbe chiuso il suo monologo sentenziando che tutte queste cose andranno perse come lacrime nella pioggia..., ma lui era un lavoro in pelle a tempo determinato.