EDITORIALI > Incursione spaventata e entusiasta nella Radura
Non è per niente facile.
La proposta è enorme, ma presentata con parole nette, reali. Si tratta di cose che ti puoi trovare in tasca, tra le chiavi e il telefono, che tu sia attore o danzatore, performer o semplice bipede.
Non è per niente facile scardinare le abitudini e i cliché corporei e mentali, le idee di bello-giusto-comodo-esatto. Niente psicologia, nessun sé profondo e veritiero, nessun sentire interiore. Solo la realtà di un corpo nello spazio.
È tutto straordinariamente e puramente fisico. Si parla di carne – è la carne a parlare – e non di emozioni. Lo spazio percorso è reale e non mentale, è un mondo "al di fuori" da esplorare senza indulgenze e compiacimenti. Non si tratta di vivere un'esperienza ma di trovare una presenza. Ci vuole un coraggio enorme per liberarsi dalla nube di forme e atteggiamenti dietro cui ci si nasconde, coccolati dalle abitudini, rassicurati da ciò che già si conosce. Ci vuole un rigore instancabile per far parlare il corpo pulendolo dagli atteggiamenti.
Non è per niente facile.
Michele Di Stefano assicura che oltre la censura l'orizzonte può essere infinito. Come un lago apparentemente immobile ma attraversato da mille correnti, al di sotto di un'epidermide impassibile la carne ribolle. Il movimento nasce, invincibile come un gorgo, da qualcosa che esiste senza pensiero, da prima del pensiero. Nasce in una solitudine fatta di sangue e organi, di ossa e fibre. In un laboratorio però non si è soli, ma accerchiati da altre presenze che chiedono di essere viste, guardate, toccate, spostate. L'incontro è inevitabile. Si riscopre allora la relazione primordiale, che è quella con lo sguardo, il tuo e quello degli altri. In questo spazio amplificato diventa necessario reinventarsi senza parlarsi addosso, guardare e essere guardati. I movimenti non sono fatti per essere collezionati ma per essere spesi al di fuori di sé. L'ego resta seduto in un angolo, non importa se non è sazio, non è questo il momento di nutrirlo. Quando si lavora con Michele non è per costruire il proprio fortino ma per assaltare un nuovo possibile e vederlo distendersi davanti agli occhi come un'inaspettata radura.