Quando nasce il festival e con quali scopi?
Il Festival nasce su mia iniziativa nell'anno 2000. Dopo essere tornata in patria al termine di un periodo in cui risiedevo all'estero, mi sono resa conto che le informazioni sulle esperienze di danza fuori dalla Grecia erano pressoché nulle. Mi è dunque venuta voglia di creare qualcosa di nuovo, inventarmi uno spazio dove invitare artisti europei. In collaborazione con la rassegna internazionale cinematografica di Salonicco, abbiamo iniziato a pensare a un festival, ed è nata la prima edizione, molto "piccola" rispetto a quello odierna. Oggi proponiamo un festival incentrato sull'interazione fra movimento e immagine in movimento: tutti i progetti che fanno riferimento a questi due aspetti dell'arte contemporanea possono, potenzialmente, rientrare nella programmazione. Ogni anno avviene una selezione sulla base di materiali che le compagnie ci inviano: per farti un esempio, l'anno scorso abbiamo ricevuto 350 domande di partecipazione, all'interno delle quali scegliamo una decina di performance e circa ottanta film. Sono presenti delle linee guida tematiche che ogni anno indirizzano la programmazione. In questo modo, tentiamo di non affidarci esclusivamente al gusto personale, in questo caso il mio, dato che visiono e scelgo le opere in modo autonomo.
Quando è nato il festival la situazione relativa alla videodanza era piuttosto povera. Quello che si produceva, nella maggioranza dei casi, erano i demo degli spettacoli. Per questo motivo, ho pensato che sarebbe stato fuori luogo proporre un concorso: non potevamo pensare, per esempio, che gli artisti stranieri competessero con i nostri, troppo spesso limitati dalla mancanza di fondi per confezionare prodotti tecnicamente di qualità. Anziché assegnare premi alle opere, abbiamo creato un concorso sui progetti, finanziando realizzazioni video in divenire. In questo contesto, il concorso nasce prima di tutto per mettere in contatto i videomaker con i coreografi: ogni anno due progetti vengono scelti da una giuria e, successivamente, finanziati per divenire opere filmiche sulla danza. Di anno in anno, abbiamo assistito a una crescita esponenziale delle richieste di partecipazione al concorso. Mi pare che questo sia un primo riconoscimento del nostro lavoro. Come dei semi che, piantati, dopo qualche anno diventano fiori.
Cosa ci puoi dire sul pubblico che frequenta il tuo festival? La danza contemporanea in Grecia è seguita da una particolare fascia di spettatori? Si tratta di addetti ai lavori o di semplici appassionati?
Sposterei questo discorso sull'arte contemporanea in generale. Ogni creazione figlia del nostro tempo credo sia più facilmente fruibile laddove vi sia una certa dimestichezza con i linguaggi delle arti contemporanee. Non si tratta tanto di giudicare in maniera positiva o negativa una determinata opera, parlerei piuttosto di un'abitudine - che spesso manca - a considerare l'arte contemporanea meritevole di legittimazione. Anche da noi, quindi, si presenta questo problema. Ma siamo anche coscienti dell'opera di "dissodamento" che stiamo proponendo. Il linguaggio che offriamo era sconosciuto ai più e, fortunatamente, sta iniziando ad "attecchire".
Mi piacerebbe farti una domanda un po' particolare, vista anche la tua esperienza a stretto contatto con compagnie giovani. Vedendo molte delle creazioni sceniche contemporanee, si ha la sensazione di assistere a proposte spettacolari nate "dopo la catastrofe", dove si avverte l'esigenza forte di fare piazza pulita del passato per ricominciare da zero. Quasi che ognuno si sentisse in dovere di riscrivere un personale vocabolario dello stare in scena, nel caso specifico parlando di coreografia. Ovviamente non è un concetto del tutto nuovo, né universalmente praticato. Eppure sembrerebbe essere tornato all'ordine del giorno. Cosa ne pensi?
Quello di cui parli possiamo ricollegarlo all'estetica della "Post-destruction", apparsa in Europa alla fine degli anni '80. Sono assolutamente d'accordo con quello che dici se penso agli spettacoli di danza che ho visto qui in Italia e qui al Festival (Santarcangelo 06 International Festival of the Arts, n.d.r). In Grecia, però, questa tendenza non è presente. Se dovessi individuarne una preponderante, nelle poetiche dei giovani, potrei definirla "delle relazioni umane": si studia la relazione, il rapporto scenico tra i corpi. Oppure, stando su quello che conosco nel panorama dell'Europa centrale, penso ci si concentri su questioni più "esistenziali", come l'amore, la vita, la morte, la relazione fra gli individui.
C'è poi un problema indubbiamente politico. In Europa, in questo momento storico, si concede poco spazio ai giovani. E questo avviene in Italia come in Francia, in Grecia come in altri paesi. Se poi aggiungiamo che in molti casi quello che è giovane viene spesso considerato "sperimentale", ci rendiamo presto conto di come le cose siano davvero difficili. Chi è disposto, in Europa al giorno d'oggi, a finanziare una creazione artistica giovane e sperimentale? Non resta dunque che mettere in comune le proprie competenze, anche solo dal punto di vista umano. Solo facendo fronte comune quello che è nuovo e meritevole potrà emergere. Da questo punto di vista, anche pensando al panorama italiano, credo che la situazione lasci ben sperare.