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20/03/2018
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Master in Imprenditoria dello spettacolo 17-18, Università di Bologna


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Maggio all'infanzia, dal 17 al 21 maggio a Bari


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29/03/2017
Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


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''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


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“Comizi d’amore”, open call per registi/drammaturghi e attori under 35 di Kepler-452


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La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


05/12/2016
Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


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Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


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Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


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Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


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Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


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INTERVISTE > Operaestate / Arteven e Anticorpi XL

In Veneto la rete Anticorpi XL ha ben due partner, Arteven e Operaestate. Ci chiarisci i ruoli di questi due interlocutori all'interno del sistema teatrale regionale?
ROBERTO CASAROTTO - La regione Veneto si è affiliata alla rete Anticorpi XL attraverso due realtà sostanzialmente divergenti fra loro. Artevenè il circuito regionale teatrale con missione ministeriale, quindi è l'istituzione ufficialmente preposta a promuovere la formazione del pubblico e a dare sostegno alle compagnie venete. Come circuito gestisce teatri e spazi diversi, programmando rassegne di danza e teatro in tutta la regione.

Radicalmente diversa è invece l'identità di Operaestate, che nasce come festival e percepisce come tale un contributo ministeriale. La rassegna si svolge intorno all'area municipale di Bassano del Grappa, coinvolgendo più di trenta altri comuni sempre dell'area pedemontana.


Operaestate ci sembra molto attenta ad accogliere le proposte di giovani artisti locali e non. In quali direzioni applicate questa attenzione, al di là dell'effetto vetrina offerto dalla manifestazione?
R.C. Operaestate ha abbracciato questa filosofia di sostegno ai giovani talenti, facendone quasi una missione, tanto che i programmi di formazione messi in atto nell'ambito della danza contemporanea sono gratuiti. Nel lavoro che facciamo sul territorio rispetto ai giovani è chiara la volontà di sostenere una fascia di artisti non protetti, ovvero non riconosciuti a livello istituzionale. Ovviamente il festival è una realtà molto vasta che opera lasciando molti tipi di segni diversi sul territorio e cercando principalmente di portarvi ricerca e sviluppo. Negli ultimi anni abbiamo enormemente incrementato il respiro internazionale della manifestazione, per esempio offrendo esperienze di residenza e formazione a coreografi esteri, invitandoli a Bassano per 3 settimane e portandoli così a costruire un percorso di ricerca con danzatori del luogo. Ci muoviamo anche sostenendo le produzioni di alcuni artisti che reputiamo fra i più interessanti della danza internazionale, che sono invitati a produrre lavori da noi con interpreti italiani. In questo modo ho visto crescere rapidamente tante giovani danzatrici, poi invitate dai coreografi ospiti a prendere parte a progetti all'estero. In Italia non esistono vere occasioni di formazione continuativa quindi anche i giovani più promettenti fanno fatica a trovare sia una loro linea autoriale sia spazi dove lavorare.

Eppure sono convinto che l'Italia sia piena di potenzialità e risorse, il ruolo degli operatori è decisivo e credo che parte delle responsabilità della situazione in cui oggi ci troviamo sia nostra, per questo è necessario cominciare a parlarci e coordinarci tra noi in una progettualità ampia.


Oltre a Arteven, Anticorpi XL accoglie un altro circuito regionale, Amat. Che tipo di collaborazione pensate di instaurare data la compresenza nella rete di entità così diverse?
R.C. Credo che sia proprio su questa differenza e sulle diverse potenzialità dei soggetti che può nascere la forza della rete. In questo modo Anticorpi XL ha la capacità di differenziare le opportunità offerte agli artisti: c'è chi può mettere a disposizione occasioni di residenze e formazione, chi festival e vetrine, e chi ancora una dimensione internazionale o una programmazione annuale.


Oltre a questa prima vetrina a Lavori in pelle, quali altri strumenti attiveranno i partner veneti della rete?
R.C. È qui che diventa fondamentale il legame creato dalla rete con i partner istituzionali e con la copertura capillare del territorio, a livello di spazi e di visibilità, che questi enti possono offrire. Per esempio Arteven si è già impegnato a coinvolgere due dei gruppi veneti presentati ad Alfonsine in alcune programmazioni future. Non dobbiamo infatti dimenticare che per una compagnia non istituzionale e non finanziata dal ministero riuscire a entrare in un circuito regionale dopo questa presentazione nella vetrina è un segno molto forte, un'apertura davvero importante.


Ci sembrano molto interessanti gli incontri del "corso di sopravvivenza" organizzati qui a Lavori in pelle con i giovani autori all'indomani della presentazione del lavoro.
R.C. Usiamo lo strumento degli incontri con gli artisti anche per raccogliere informazioni, aprire opportunità e capire quali sono i bisogni di ciascuno: si chiede ai giovani autori come hanno intenzione di far procedere il lavoro, a che punto sono con la ricerca, di cosa credono di aver bisogno. Evidentemente ci sono grandi differenze: c'è chi necessita ancora di formazione e chi invece di residenze o spazi per lavorare, chi ancora di occasioni di visibilità e di programmazione. Lavorare in questo modo è fondamentale perché così ogni scelta nasce da un processo di analisi che deve essere basilare anche per noi operatori, per avere un'idea chiara del contesto in cui ci muoviamo ma anche per sviluppare le nostre capacità e tenerle in allenamento, spesso ascoltando opinioni diverse che ci mettono in discussione.

Questi confronti rivestono una grande importanza per gli artisti stessi che hanno bisogno di un feedback su ciò che mettono in scena, ancor meglio quando questo proviene da persone con diversi orientamenti, come critici o operatori. All'estero i giovani si trovano in questo confronto dialogico già con i primi lavori presentati nelle accademie o nelle scuole e non corrono il rischio di un'esposizione diretta col pubblico in un festival. Mi domando come possa altrimenti crescere un artista in Italia quando non ci sono strutture in cui studiare, spazi in cui ricercare e luoghi in cui fare pratica di presentazione. Vorrei creare situazioni in cui i giovani possano mettere in scena un evento per una settimana, per poterlo presentare a un pubblico in una sorta di work in progress e avere via via dei riscontri immediati, soprattutto da parte di operatori specializzati che aiutino a far maturare il lavoro e a realizzarne le potenzialità.

 


di Lucia Oliva
       

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