RECENSIONI > Scrutando la vetrina: appunti d'inventario
La prima iniezione di Anticorpi XL ha inoculato ieri sera un sano germe nella sopita Alfonsine, in una serata d'apertura del festival Lavori in Pelle fin dalle prime battute contenitore efficace e coerente del progetto di sostegno alla giovane danza contemporanea: una vetrina esposta al rischio della fragilità di spettacoli ancora in stato embrionale, eppure solida nel tradurre nella pratica la propria missione. Appuntamento quindi la mattina dopo gli spettacoli, per artisti e operatori a confronto, a porte chiuse, per sondare debolezze formali e potenzialità. Ogni sera l'appuntamento è per uno spettatore invitato alla complicità, a una visione che non sia fruizione compiaciuta, piuttosto esplorazione di un sommerso delle arti estraneo ai circuiti di maggior visibilità, forse più prossimo alla nostra quotidiana frequentazione con il mondo contemporaneo. Si avvicendano in scena, in un ritmo serrato, cinque lavori di provenienza geografica diversa, cinque regioni italiane per cinque "lavori in pelle" che danzano ciascuno in una lingua propria. The today is not happy to me, afferma Martina Conti in un solo che affonda in una straniata quotidianità, immobile su una sedia a guardare scorrere il mondo dietro occhialini di plastica ciechi, mentre Happy Family di Fabiana Ricca narra di morte e dolore, optando per formule teatrali e puntando su una difficile nota emotiva, spesso stridente. Mâle Etre sfiora il tema sociale, con accenni d'ironia e il contrappunto di una sfrenata batteria in scena, mentre due danzatori si sfidano, prima che compaia l'inevitabile tacco a spillo sotto il polpaccio nerboruto. Ma se alcuni incespicano, o si espongono con coraggiosa esilità al pubblico, altri invece sembrano ben ancorati a un nucleo, saldamente posizionati lungo un percorso, indirizzati a una meta: è il caso della Costola di Francesca Burzacchini, lavoro ridotto appunto all'osso, a una coerenza formale, all'organicità matura di una coscienza fisica, in movimenti spigolosi eseguiti con algido rigore. Altra matrice ma ferma onestà anche nella freschezza di Glenda Giacco, in Andata e Ritorno dal circo alla danza, con delicati funambolismi e improvvisazioni genuine. Ancora opere in minore, eppure in nuce la sfida di un percorso di crescita, la cui essenziale chiave di volta è un lucido, e pericolosamente fatale, istinto ad affrontare il rischio, e superare il proprio limite.