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Master in Imprenditoria dello spettacolo 17-18, Università di Bologna


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Maggio all'infanzia, dal 17 al 21 maggio a Bari


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Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


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“Comizi d’amore”, open call per registi/drammaturghi e attori under 35 di Kepler-452


11/01/2017
La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


05/12/2016
Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


07/10/2016
Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


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Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


03/09/2016
Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


31/08/2016
Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


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KILOWATT > Spettatori come direttori artistici

A Sansepolcro e limitrofi, in un territorio che lo sguardo di Piero della Francesca rende sospeso nel tempo, incontriamo Kilowatt, un festival giunto già a qualche anno di attività. “L'energia del nuovo teatro”, recitano le locandine esposte un po' ovunque nella cittadina toscana. Quest'anno, ci racconta il direttore artistico Luca Ricci anche regista della compagnia Capotrave, c'è una novità che vorrà diventare il cuore della rassegna: un gruppo di spettatori, undici per la precisione, si è ritrovato per tre mesi e ha visionato oltre cento video di spettacoli. Ne è nata una sezione del festival, e loro sono diventati “i Visionari”. Con Ricci parliamo del senso del progetto, di arte “popolare”, del ruolo di un altro gruppo di persone, i “fiancheggiatori”, che con la loro esperienza di addetti ai lavori (erano presenti Valeria Ottolenghi, Maria Paiato, Roberto Ricco, Giuseppe Romanetti, Rodolfo Sacchettini, Luca Scarlini) hanno incontrato e seguito i visionari nei giorni del festival.


Ci spieghi come nasce, e in base a quali esigenze, il progetto dei Visionari?
Il progetto dei visionari nasce, credo, con lo stesso spirito che muove la mia compagnia Capotrave. Si tratta di un tentativo di creare energia attorno a una comunità che sceglie di mettersi in relazione attraverso il teatro. In questo davvero non ci sono maestri, penso piuttosto a una pratica che vive di esperimenti ed errori. Tuttavia c'è un esempio al quale mi piace rapportarmi, anche se nasce in un altro contesto: mi riferisco a Marco Martinelli a Ravenna, e al pubblico che è riuscito a creare in vent'anni di lavoro con il Teatro delle Albe. Forse a monte di tutto c'è da parte mia una certa insofferenza verso la nicchia, pur sapendo che il teatro rimane sempre e comunque un'attività minoritaria. Il pubblico deve essere uno dei nostri primi interlocutori, ma troppo spesso trovo contesti in cui non si pensa minimamente a mettersi in relazione con lo spettatore.

Oltre alle undici persone che hanno lavorato per questa edizione appena conclusa, mi danno molta soddisfazione le dodici nuove richieste per il prossimo anno. Mi sembra un piccolo segno di una radice che sta cominciando ad attecchire. É un processo curioso, si tratta di persone che non hanno mai avuto una vera competenza teatrale. Eppure, nell'incontro tenuto con i fiancheggiatori, ho avuto l'impressione che si fosse instaurato un dialogo reale, in cui i contenuti portati dai visionari sugli spettacoli visti erano certamente altri rispetto a quelli degli addetti ai lavori, eppure non meno significativi. Come se i visionari rappresentassero una reale istanza di relazione con le arti sceniche, in grado di interloquire con competenze più qualificate. Penso che queste persone si siano rese conto che uno spettacolo non è semplice fruizione, non è pagar un biglietto e divertirsi per due ore. Sono entrate a far parte di un processo, erano avide di informazioni sui lavori che visionavano, esigevano delle schede di presentazione ben fatte, per esempio. Come se dietro agli spettacoli cercassero un pensiero.


Nella presentazione del festival abbiamo notato che usi la parola “popolare”...
Forse me la porto dietro dalla mia formazione. A sedici anni ho conosciuto Saverio Tutino, il fondatore dell'archivio dei diari a Pieve Santo Stefano. Con lui, che era un giornalista corrispondente da Cuba per L'Unità, e un intellettuale abbastanza atipico rispetto alle linee del partito, riflettevamo spesso sul significato di questa parola. Al di là dell'aneddoto, credo di parlare di popolare quando voglio rimarcare un'antitesi rispetto a elitario. Nella presentazione di Kilowatt scrivo che è necessario stare attenti a quello che si considera popolare, al giorno d'oggi troppo spesso sinonimo di superficiale. La mia sensazione è che nelle persone, nei non addetti ai lavori, vi sia una intuizione di qualità alla quale spesso non prestiamo fede. Storciamo la bocca. Per esempio ripercorro l'applauso che hanno avuto i Muta Imago, con il loro lavoro (a+b)³, e mi rendo conto quanto il cosiddetto giudizio non specializzato in questo caso sia pregnante. Ho come la sensazione che la capacità di riconoscere il bello non sia di sola competenza degli addetti ai lavori. Forse è una capacità che si può affinare, addirittura. Forse è il momento per provare a intraprendere questa strada, sono stanco di andare a fare spettacoli in luoghi in cui su trenta spettatori ventinove li conosco personalmente. Per questo nascono i Visionari, e per questo nasce Kilowatt, un festival che si rivolge a un territorio teatralmente vergine.


Ma allora, se come dici il bello quando c'è si riconosce, diventa anche difficile trovare un reale valore differenziale per distinguere fiancheggiatori e visionari...
Sono d'accordo. Forse si tratta di quantità, di numero di spettacoli visti, di essere più o meno avvezzi a certe grammatiche della scena. Questo potrebbe demarcare la differenza tra professionismo e non professionismo. Eppure, di fronte allo spettacolo, credo di poter dire che siamo tutti uguali.


Forse la differenza sta nel livello di attenzione con il quale guardi l'opera d'arte. Cosa cerchi, quale rapporto instauri. Se la poniamo così, le domande di molti addetti ai lavori non sono sempre così interessanti. Spesso si nota che un lavoro è troppo lungo, o che un attore non è tecnicamente convincente. Siamo sicuri che questi parametri siano utili alla riflessione? Il percorso che hanno seguito i “visionari” mi sembra che si sia rivolto soprattutto a dei “processi”, a delle strutture di linguaggio. Per esempio la scelta che hanno fatto sullo spettacolo Tumore, in cui “l'intuizione del bello” forse li avrebbe portati a scartarlo...
La scelta di questo lavoro, infatti, mi ha stupito. Mi sembra uno spettacolo coraggioso, un po' “fuori moda” rispetto al linguaggio più comune della sperimentazione odierna. Questo mi fa pensare che il “bello” di cui parlavo prima non sia solo da intendersi in senso estetico, ma come mi state dicendo anche come riconoscimento di un linguaggio e di un pensiero.


Un rischio che potrebbe correre il progetto dei “visionari” è che si crei un gruppo di spettatori che fa il salto senza accorgersene, e che comincia a ragionare come gruppo di operatori che deve preparare un territorio, come se a questo punto non fosse più pubblico “normale”...
Di questo me ne sono reso conto anche io. Una volta, parlando con loro, ho sentito qualcuno che diceva: «Te lo immagini portare questo lavoro a Badia Tebalda?». Si sono resi conto che lavorare sul territorio, in particolare in uno come questo in cui non c'è mai stato teatro di ricerca, comporta fraintendimenti. Ecco perché, credo, abbiano cercato di selezionare lavori di qualità che fossero in grado di mettersi in comunicazione con chi guarda. Credo che questa “sindrome da direttore artistico” sia inevitabile, bisogna forse insistere sulle loro sensibilità, dovranno imparare a fidarsi di loro stessi.


Anche perché, come sappiamo, il modello in voga oggi consiglia di proteggere e difendere un presunto pubblico non preparato. Eppure loro, che sono questo presunto pubblico impreparato, scelgono di visionare oltre cento video teatrali per fare una selezione...
Infatti, se non proteggono prima di tutto loro stessi non vedo perché dovrebbero proteggere gli altri! Credo che il mio ruolo di direttore artistico stia anche in questo, nel fare sì che i visionari rimangano su questo crinale di un pubblico “puro” che non deve scivolare del tutto nella sindrome della direzione artistica.


Come valuti l'esperienza dei fiancheggiatori?
Forse è presto per dirlo, le somme le potrò tirare definitivamente solo dopo averci un po' riflettuto. A livello generale, credo ci sia stata una certa disponibilità da parte dei fiancheggiatori a mettersi in relazione con i visionari. Forse, ma questo è un problema generale del sistema italiano, la difficoltà reale sta nel dialogare con chi fa teatro. Non mi capita spesso di ricevere critiche costruttive, che mi facciano davvero riflettere, che mi aiutino a crescere.


Noi abbiamo notato un certo rispetto di confini di professioni che così concepiti crediamo abbiamo ormai esaurito la loro traiettoria. Ci siamo trovati d'accordo con molti dei discorsi fatti durante l'incontro, eppure c'era come la sensazione di non stare affrontando se non tangenzialmente i nodi del discorso. Come se si parlasse di lavori e di spettacoli utilizzando parametri funzionali che rispondono a gusti ed esigenze medie (quelle di chi compra). Non è che la riflessione debba passare per altre pratiche, altri modi di mettersi in relazione? Si tratta di dubbi che condividiamo con te, non tanto di questioni che necessitano una risposta...
Capisco il vostro discorso. Dobbiamo però tenere presente che alcune di queste pratiche e riflessioni sono ancora in grado di condizionare la stagione o la circuitazione di una giovane compagnia. Non possiamo fare finta che non esistano. Altro discorso, in effetti, è riferendosi ai visionari, è probabile che negli sviluppi del progetto non avranno più bisogno di essere “affiancati”, ma questo lo capiremo (e stiamo cercando di capirlo) solo attraverso altri esperimenti come quello di questa edizione di Kilowatt.


di Lorenzo Donati , Rodolfo Sacchettini , Valentina Bertolino
       

FESTIVAL

marzo-maggio 2018
Planetarium
Osservatorio sul teatro ragazzi

14 - 22 ottobre 2017
Vie Festival 2017
Laboratorio di critica e giornalismo

giugno 2017
Futuri Maestri
Laboratorio Futuri giornalisti

28-31 ottobre 2016
Crisalide
Perché passi un po' di caos libero e ventoso

ottobre 2016
Vie Festival 2016
Arti sceniche internazionali e italiane

22 settembre - 2 ottobre 2016
Contemporanea Festival 2016
Le arti della scena

ottobre 2015
Vie Festival 2015
Arti sceniche internazionali e italiane

1-4 ottobre 2015
Crisalide
Non è successo niente, è ciò che stiamo diventando

25 settembre - 4 ottobre 2015
Contemporanea Festival 2015
Le arti della scena

Febbraio - aprile 2015
Nelle pieghe del Corpo
Virgilio Sieni, Bologna

ottobre 2014 - marzo 2015
Festival Focus Jelinek
Festival per città

9-25 ottobre 2014
Vie Festival 2014 Modena___Emilia
Arti sceniche internazionali

10 - 20 luglio 2014
Santarcangelo · 14
Festival internazionale del teatro in piazza

12 - 21 luglio 2013
Santarcangelo · 13
Festival Internazionale del Teatro in Piazza

aprile 2013
Pinocchio della non-scuola
Immagini a cura di Osservatorio Fotografico, note a margine su Pinocchio

5-13 ottobre 2012
Tempo Reale Festival
Ricerche musicali contemporanee

14 - 23 luglio 2012
SANTARCANGELO •12
Festival internazionale del teatro in piazza

Primavera 2012
Vie Scena Contemporanea Festival
Arti sceniche internazionali

Marzo 2012
BilBolbul 2012
fumetto, illustrazione, disegno

ottobre 2011
Vie Scena Contemporanea Festival
Teatro internazionale a Modena, Carpi, Vignola e limitrofi

Settembre 2011
Arca Puccini - Musica per combinazione
Rock indipendente italiano e internazionale