“Era il 2002, e non mancavano i festival e le manifestazioni culturali in città. Ma qualcosa mancava: la danza contemporanea. Così i danzatori hanno pensato di autoinvitarsi alla festa: davanti al luogo di un evento si sono disposti in una lunga linea, in piedi, ruotando su se stessi mentre una persona leggeva una lettera di protesta. Un gioco, eppure molto serio: il giorno dopo è stata pubblicata una lettera personale dell’assessore alla cultura della città di Torino, che si chiedeva chi fossero i rappresentanti della danza contemporanea a Torino, sommersa ma vitale”.
È Paola Colonna a ripercorrere i primi passi di COORPI – CoordinamentoDanzaPiemonte esempio di proposta promossa da artisti a tutela della visibilità di un’arte che mal sopporta l’etichetta ormai abusata di ‘Cenerentola’ della cultura. La Piattaforma, festival dedicato al teatrocoreograficotorinese&co, diretto da Mariachiara Raviola e Paola Colonna, è fra le attività del coordinamento, ha tagliato il traguardo della quinta edizione, alla Cavallerizza Reale di Torino dal 9 al 12 luglio scorsi. Un progetto pensato su misura per la danza contemporanea locale. Qualche domanda alle due direttrici, e danzatrici, per disegnare un panorama.
PAOLA COLONNA: In Piemonte non c’era attenzione alla danza perché è un genere nell’ombra, non c’è un bando pubblico specifico, solo recentemente è presente come sezione di finanziamento presso la Fondazione San Paolo. La danza non ha visibilità presso le istituzioni, e abbiamo cercato di attirare l’attenzione su realtà da tempo attive, ma limitate a una situazione di scambi e piccole rassegne nate da collaborazioni personali fra artisti. Da qui la necessità di inaugurare un coordinamento della danza locale, inizialmente con l’intenzione di aprirsi a tutti, senza una specifica selezione artistica dei membri, accogliendo anche scuole di danza di vari livelli. Questo ha però segnato alcune defezioni e percorsi diversi. Chi invece concordava su questo principio ha costituito il coordinamento, in forma di associazione, fondato nel 2002 con la sigla Coorpi. Per la parte di coreografia dedicata alla danza contemporanea avevamo concepito contestualmente un festival che fosse vetrina del panorama cui il coordinamento si rivolge. La Piattaforma è nata quindi all’interno del contenitore, ma per rendere agile il progetto è diventata subito organismo autonomo, con la direzione di Associazione Didee e Associazione Rapatika.
Altre manifestazioni fanno capo al Coordinamento?
PC: Ogni anno proponiamo Io Danzo, manifestazione accessibile a tutti con qualunque linguaggio e stile, dal jazz, al flamenco, alla danza contemporanea, e occupiamo il centro storico con un’incursione. Il primo anno ad esempio, non avendo alcuna forma di finanziamento, abbiamo proposto a una radio di mandare on air a un’ora precisa un pezzo musicale che ciascuno aveva coreografato secondo il proprio stile, un pezzo ritmato, semplice, che tutti potevano affrontare a proprio modo. 300 danzatori in due piazze, ciascuno con il proprio stereo, tutti sintonizzati sulla stessa frequenza.
L’obiettivo è dare visibilità alla danza in sé, come genere artistico, come forma di espressione, sostenendo e stimolando una vivacità creativa in una città che sembrava insensibile alla danza contemporanea, più condizionata forse dalla tradizione musicale e dal balletto classico. Inoltre ci siamo rivolti non solo alla città di Torino, ma anche a centri minori della regione, come Asti e Alessandria.
La Piattaforma si pone come vetrina, esplicitando la visibilità come obiettivo ultimo del progetto, e come osservatorio e incubatore della danza locale. Come si concretizza questa formula?
PC: Il festival si delinea a partire da un bando aperto a chiunque, senza vincoli nella modalità di presentazione del progetto, dalla carta, al video, o in scena. Nelle prime edizioni i progetti erano sottoposti alla selezione di una commissione composita, che coinvolgeva artisti, operatori e studiosi, primo fra tutti Alessandro Pontremoli della cattedra di danza del Dams. La Piattaforma offre un’occasione anche a chi non ha avuto modo di realizzare o completare i propri progetti, situazione comune soprattutto per i più giovani, che hanno scarse probabilità di mettere alla prova il proprio talento o la propria creatività. Lo scopo è quindi dare visibilità a compagnie non sovvenzionate, che non avrebbero nessun canale dei inserimento nel circuito.
La formula che possiamo ospitare in questi casi è prevalentemente Short format, e abbiamo quindi attivato delle collaborazioni per garantire un percorso di crescita di queste opere, come attraverso il Teatro Nuovo, che ha ospitato alcuni lavori completi, o grazie alla collaborazione con Balletto dell’Esperia, compagnia sovvenzionata che ospiterà nella sua rassegna Rettilario due coreografi di Piattaforma. Oppure proponendo gli artisti in contesti di maggiore visibilità, come in occasione di Artissima, fiera dell’arte contemporanea. Cerchiamo non solo di costruire la vetrina, ma anche di creare canali di crescita prossimi al contesto più istituzionale.
Come si pone Piattaforma rispetto al circuito della danza contemporanea?
PC: Il lavoro è diverso da quel tipo di circuito, che si sta costituendo soprattutto in reti di festival, ma alcuni artisti che hanno attraversato la piattaforma vi sono approdati: la nostra ideale prospettiva è appunto quella di creare una vetrina rivolta agli artisti più giovani e con minor visibilità, pur essendo difficile proporre questa formula agli operatori di spicco del settore. Nello stesso tempo cerchiamo anche di sostenere con continuità alcuni artisti, per testimoniarne e favorirne la crescita, ma ancor più spesso rispondono al bando di selezione danzatori che dispongono in quel momento della sola idea creativa, e in quel caso ci assumiamo il rischio di fidarci dell’intuito. Questo ha creato una distanza di prospettiva con chi propende per formule più strettamente connessa alla scelta di un livello specifico di qualità e linguaggi di ricerca, selezione di opere compiute, o artisti già consolidati. La differenza sostanziale con la nostra prospettiva sta proprio in questo: cerchiamo di gettare dei semi. In alcuni casi poi germogliati: sono passati dalla Piattaforma Daniela Paci, la compagnia GAP, Doriana Crema, e altri.
Come si concilia la formula di Piattaforma con la responsabilità di una direzione artistica? Rintracciate linee di tendenza nella danza indipendente in Piemonte?
PC: La peculiarità del progetto è la scommessa sulla crescita di un danzatore, e di conseguenza il livello artistico della manifestazione è legato a una consapevole assunzione del rischio. Alcune linee di tendenza fra i danzatori che si propongono sono infatti spesso dettate da condizioni economiche di lavoro, tanto quanto dalla prospettiva artistica: molto spesso i danzatori sono solisti, non potendo sostenere i costi di un lavoro di gruppo, e allo stesso modo tendono a lavorare sulla musica in un rapporto piuttosto lineare di coreografia e melodia. Nonostante questo nella Piattaforma si confrontano stili, individualità e progetti che hanno una connotazione contemporanea soprattutto perché non vincolati a un genere o una tecnica specifica.
MARIACHIARA RAVIOLA: Esiste comunque un denominatore comune a molti, che forse può essere una delle caratteristiche del panorama artistico torinese: il teatro ragazzi qui ha una tradizione e una continuità forti, e molti degli artisti l’hanno attraversato. Spesso c’è un particolare rapporto con il pubblico, una volontà di chiarezza, un’attenzione e una sensibilità esplicita verso la comunicazione con il pubblico.
La Piattaforma è resa possibile dal finanziamento pubblico? In che modo le istituzioni riconoscono e sostengono il progetto?
MR. Il progetto del festival è reso possibile soprattutto dal finanziamento regionale legato alla legge 58, e inoltre alcuni consigli di esperti, non ultimo l’assessore, ci hanno portato nel tempo a lavorare sulle sponsorizzazioni, che spesso sono esclusivamente tecniche, e a ottenere un sostegno dalla fondazione CRT. Il Comune offre invece i servizi, lo spazio, mentre è a nostro carico l’allestimento. Le compagnie ottengono un rimborso delle spese, che è cresciuto nelle cinque edizioni, e materiale documentativo completo sul loro progetto, con video e immagini che non sarebbero possibili se non in un contesto tecnico ottimale, come questo. Spesso le compagnie non hanno mai l’occasione di rappresentare il proprio lavoro con un parco luci e un service tecnico professionale.
Questa edizione è stata orientata dalla volontà di tentare il finanziamento ministeriale e il bando della Fondazione San Paolo, i cui vincoli d’accesso si conciliano male con la nostra proposta, come quello di coinvolgere un certo numero di compagnie sovvenzionate.
Una proposta rivolta alla danza contemporanea, in una regione in cui sono solo quattro le compagnie di danza finanziate, che si dedicano in prevalenza a una danza di tipo “neoclassico”, deve snaturarsi per avere una possibilità?
PC: I festival dedicati alla danza a Torino sono più di uno, e purtroppo non creano sistema fra loro per la necessità di difendere ciascuno la propria parte di finanziamento, per quanto esigua possa essere. La modalità di relazione con le istituzioni in una forma condivisa espone al rischio, come in effetti era stato proposto dalla Regione, di articolare una proposta unica. E quindi meno onerosa. Per aggirare questo fraintendimento sarebbe necessario creare formule diverse, ma si fatica a creare collaborazioni anche solo dal punto di vista teorico. Coinvolgendo le scuole di danza poi, la paura di condividere i propri allievi è ancora maggiore, come se l’incontro di più linguaggi mettesse a rischio le iscrizioni. Al contrario, una crescita della curiosità e della competenza artistica genera vantaggi per tutto il sistema.