“Per me la danza è ricerca comunicativa attraverso il movimento, quella indagine del sé indirizzata alla propria autenticità che si presta congiuntamente all’ascolto dell’altro” - spiega Aline Nari, nel raccontare la propria poetica di danzautrice. Classe 1970, studi di danza classica, modern jazz e contemporanea, impegnata come ricercatrice della storia della danza, oltre che come danzatrice, coreografa e insegnante, l’artista genovese è profonda conoscitrice delle qualità motorie e comunicative del corpo, in relazione allo spazio e al gruppo. Attenta ai diversi piani di relazione con la propria origine e con l’incognita del fruitore, predilige il gioco con elementi simbolici che tutti riconoscono, senza tuttavia tralasciare le possibili alterazioni di senso che il linguaggio della danza può generare. Nelle sue interpretazioni, la presenza si definisce in quanto unicità organica, espressiva e spirituale, ma non resta quasi mai individuale, diventa invece il tramite per indagare i terreni più o meno familiari: pur non avendo ancora sentito la particolare necessità di lavorare sola, Aline Nari pensa all’assolo come uno spettacolo dentro lo spettacolo. Spiega lei stessa che “la propria dimensione drammaturgica non può rimanere autoreferenziale, ma al contrario dovrebbe rivolgersi continuamente alla ricerca di un dialogo, che però il danzatore solista non sempre riesce ad alimentare”.
Se incontrando la compagnia Sosta Palmizi nel 1997, la danzatrice ha riconosciuto un terreno affine al suo e ha potuto individuare più facilmente la propria dimensione artistica, quando nel 2004 inizia a lavorare con Davide Frangioni, partner nella vita e nel lavoro, l’identificazione dell’immaginario si è ulteriormente potenziata. Questo stesso materiale, assieme a ciò che Aline conserva del proprio percorso artistico, è il bagaglio con cui arriva a Rizoma: “Un’occasione di confronto - come lei stessa auspica - un gioco a carte scoperte in cui mettersi in discussione”.