Hai una grande esperienza come danzatrice e ti trovi ora alla prima prova come autrice. Cosa ha implicato questo passaggio?
Ho scelto di procedere per sottrazione, esplorando gli elementi fondanti derivati dal mio percorso di danzatrice. In questo modo mi sono ritrovata a maneggiare un materiale basilare ma assolutamente denso e capace di innescare un processo potenzialmente infinito. Roberto Passuti, il musicista con cui collaboro per L’endroit 2e e che si è occupato degli ambienti sonori e degli interventi musicali, lo ha definito un materiale atomico, nel senso di essenziale e sostanziale. Si tratta infatti di esplorare la sostanza corporea, di indagare un’azione fisica e il suo ingresso nello spazio. Sono semplicemente partita dal corpo e dalla sua materia. Arrivando a una disarticolazione continua, a scomporre e destrutturare, fino alla deformazione, sia spazio del corpo che relazione fra questo e ciò che lo circonda. La forma assunta in questa fase finale, che ritengo anche conclusiva rispetto al progetto, è quindi quella dell’incontro tra azione e spazio, in un dinamismo materico corporeo che si proietta fuori da sé. Endroit, letteralmente, è semplicemente una frazione di spazio. L’endroit è diventato un piccolo universo, ma la mia intenzione è di insistere su questa delimitazione, di partire da questo “luogo”, lo spazio del corpo, eliminando ogni volontà di rappresentazione e senza indulgere in connotazioni psicologiche o emotive.
Prima hai citato Roberto Passuti, autore della parte sonora di L’endroit 2e. In che direzione si è mossa questa collaborazione?
Il lavoro vive dell’interazione fondamentale con la musica che Roberto in parte elabora live durante la danza. La sua ricerca è cresciuta in parallelo con la mia sul movimento, indagando gli stessi presupposti e soprattutto cercando di ottenere una sostanza sonora che sia insieme potente, fondante, efficace. In scena vengono composti elementi che rimandano a un fuori, a un esterno, con alcune sonorità che scaturiscono dal mio movimento. C’è una parte in cui Roberto cattura e trasforma sul momento i suoni prodotti da un corpo che danza, in altre sezioni invece lavora su materiale registrato in precedenza, intrecciando il tutto in un intervento musicale progressivo che ripropone il crescendo ritmico dell’azione corporea.
Come si è evoluta la tua creazione rispetto alle diverse tappe del concorso?
Mi sono proposta di andare più a fondo rispetto agli elementi che porto in scena, anche scarnificandoli per non permettermi nessuna divagazione, ma solo un approfondimento per così dire verticale. In questo è stato molto utile il confronto con la commissione e i feedback avuti in seguito alla visione. Rispetto a questa ultima tappa ho lavorato sulla struttura coreografica, che si sviluppa accentuando le pause e le riprese dinamiche.