Non è stato un anno facile per il teatro. E poiché quello in arrivo nasce non proprio sotto i migliori auspici (anche se brinderemo con molta convinzione al futuro, nella certezza che tutto andrà benissimo…) la redazione di Altre Velocità segnala non precisamente gli spettacoli più significativi dell’anno che sta finendo, ma le “cose” (tra opere, libri, progetti…) che ci vogliamo portare dietro nel 2015, come strumenti di lavoro, o meglio – vista l’aria che tira – come piccolo kit di sopravvivenza. Ne pensavamo dieci, ma alla fine siamo arrivati agli sgoccioli e ve ne segnaliamo solo otto. Otto cose che, speriamo, ci aiuteranno a capire meglio i tempi in arrivo. E poi ci portiamo dietro anche una nota finale: breve elenchino di altre “cose” che nel 2014 sono finite. Solo alcune naturalmente, per non dimenticare proprio tutto. A voi il giudizio. Bye bye 2014!
Ne hanno parlato in molti e hanno fatto bene. Deflorian, Demuru, Piseddu e Franco, vederle tutte assieme è un’emozione. Questo è uno spettacolo che ci portiamo dietro nel 2015 non perché sia il più bello, ma perché è un atto d’amore autentico per il teatro e per gli attori. E ne abbiamo bisogno.
Nella sua direzione della Biennale Danza, Virgilio Sieni ha interpretato il ruolo di direttore artistico dando forza a una linea culturale nella produzione della danza italiana, mettendo alcuni accenti a partire dal Leone d'argento a Michele Di Stefano/mk. Una direzione che ha saputo manifestare contemporaneamente la verticalità dell'artista – nel presentare il proprio lavoro in una "drammaturgia", o meglio in una coreografia data all'intero festival – e la chiarezza di una visione culturale e critica, nel segnalare priorità e valori.
Sembra assurdo, ma accorgersi che il teatro può anche essere uno specchio deformante di noi stessi, che possiamo vederci riflessi, seppur sotto altra luce, e messi così in discussione… e che possiamo anche ridere con gusto e divertirci, senza evasione, ma ridere delle nostre miserie, senza nascondere l’amarezza e senza rinunciare a un sentimento umano…. scoprire che il teatro può essere anche tutto questo… sembrerebbe una banalità, ma non lo è, perché non accade quasi mai. Gli Omini ci riescono, bravi!
Gli scritti giovanili di Jerzy Grotowski compongono il primo dei quattro volumi che La Casa Usher pubblica per raccogliere i testi completi di uno dei maestri del teatro del Novecento. Scritti brucianti e necessari, che partono dal teatro per riflettere sull'arte, la società, l'etica e la politica muovendosi dalla prospettiva di uno studente di Arte drammatica mosso dalle inquietudini e dagli entusiasmi giovanili.
Le biografia di Franco Quadri rappresenta un punto di non ritorno per il mestiere della critica teatrale nel novecento. Dopo di lui la critica non è stata più la stessa, e forse non è stata più, almeno sotto certi aspetti. Il volume curato da Renata Molinari è fondamentale strumento per conoscerne il profilo e per ricostruirne il percorso, attraverso una quarantina di testimonianze e saggi. Punto di partenza imprescindibile per immaginare nuovi inizi.
Si rivela come un'anomalia, questa performance che nel suo attuarsi tende all'infinito, dove l'attore si scioglie dalla fatica, correndo continuamente da un punto all'altro di un campo da tennis nel tentativo di ricevere tutti i colpi di una macchina sparapalle. Dall'alto è osservato da un altro attore, che recita, commentando, nell'impostazione più classica della tradizione teatrale. Un attore che corre e uno che immobile lo osserva: il figlio Lorenzo e il padre Geppy Gleijeses. La performance è un evento assoluto per la visione irripetibile che propone, per la sfida di essere una sfida, per l’elevazione del corpo in direzione dell’obiettivo cui aspira, passando dal sudore e dallo sfinimento.
Uno spettacolo che tiene insieme l'esperienza di lunga durata del suo interprete, maestro indiscutibile, e le condizioni del teatro nel presente. Un racconto di che cosa significhi "lavorare nel teatro" catturando un sentimento che non è di un singolo attore, e neanche solo degli attori, ma di chi quotidianamente si affatica per il suo obiettivo, sia esso recitare il monologo di Re Lear alla fine di una carriera o fare il possibile affinché quel pezzo possa esistere.
Come vedremmo una ipotetica terza guerra mondiale, noi trentenni cresciuti a fiction, serials e altre rappresentazioni? L'inettitudine e il rifacimento di tic mediatici - dagli inevitabili risvolti comici - gradualmente si raffredda fino ad agghiacciare. Esito maturo del teatro nato negli anni zero e scommessa vinta da Associazione Teatrale Pistoiese e Santarcangelo 2014, che ha invitato a un lavoro comune artisti di tradizioni distanti.
N. B. Si direbbe l'anno delle fini. Di discorsi che si sono esauriti, che non hanno trovato terreno fertile per proseguire (nonostante le cose da dire ci fossero ancora) o che silenziosamente hanno smesso di proporre; il che assomiglia molto a una scomparsa. Il Teatro Valle Occupato, i pathosformel, i Quaderni del Teatro di Roma. Chi ha portato avanti con radicalità un discorso che ha provocato un esaurirsi della ricerca (pathosformel), chi è stato senza mezzi termini "fatto fuori" (i Quaderni, almeno per ora, e forse altri nel prossimi 2015), chi sta provando a reinventarsi mutando i propri connotati, costruendo una progettualità sul lungo periodo che per adesso ha prodotto una interruzione (il Valle), oppure chi si è perso di vista (gruppi come Cosmesi o Codice Ivan o in parte Santasangre).
Comunque lo si voglia vedere, il 2014 sembra essere stato un anno di interruzioni e di proposizioni sospese. Questa immagine la portiamo nell'anno nuovo, cercando di interrogarla. Provando a ripararci sia dai trionfalismi di chi fino a qualche mese fa parlava di nuove ondate senza leggere il contesto, sia dagli entusiasmi di chi celebrava fermenti e vitalità che hanno sempre avuto il sapore dei raduni di famiglia. Ma provando a metterci al riparo anche dall'atteggiamento opposto, il cinismo di chi pensa che tanto non serve a nulla.
[disegno di Giorgia Cecchini, 2013]