Enrico Castellani ci riceve nella sua casa di Oppeano (VR) per discutere di Jesus, ultimo lavoro della compagnia, visto ai laboratori DMS a Bologna lo scorso 6 marzo e attualmente in tournée per i teatri italiani. Lo spettacolo è imperniato sulla figura del Cristo uomo e sulle ragioni che lo hanno trasformato in “merce” da scambiare, vendere, consumare. Qual è il reale bisogno della società nascosto dietro al simbolo, alla guida, e spesso anche al bersaglio rappresentato da Gesù? Enrico riflette con noi su come la compagnia abbia concepito Jesus ma ci parla anche del futuro prossimo dei Babilonia Teatri.
Partiamo dalla fine, dall’ultima fatica. Come si è arrivati alla forma definitiva del vostro Jesus? Perché Valeria Raimondi, rispetto a una prima versione, è rimasta unica protagonista in scena? Cosa non vi convinceva?
Questo processo fa parte un po’ del nostro modo di lavorare. Con The End, ad esempio, nello studio iniziale presentato a Santarcangelo c’erano dieci persone in scena, successivamente siamo rimasti solo io ed Ilaria Dalle Donne, poi siamo arrivati alla versione definitiva con Valeria Raimondi unica protagonista. Anche Pornobboy ha attraversato messe in scena diverse, in un primo momento più simili a Made in italy e in seguito mutando completamente. Con Jesus eravamo in scena dapprima io e Valeria, poi anche nostro figlio Ettore, infine abbiamo ritenuto, anche in questo caso, che Valeria potesse da sola dare più forza ai contenuti che volevamo condividere con il pubblico. Jesus nasce proprio da alcuni interrogativi che Ettore ci ha rivolto riguardo al senso stesso dello stare al mondo, sul perché si nasce e perché si muore, la “domanda delle domande”, così banale eppure così profonda dal momento che va alla radice... Il racconto partiva dal nostro vissuto, eravamo in scena tutti e tre e, pur tentando di rivolgerci a un “fuori”, la forma non ce lo permetteva. Jesus possiede probabilmente due anime: la prima potrei rintracciarla nel nostro bisogno di spiritualità, nel fare i conti direttamente con il quesito che nostro figlio ci poneva, la seconda prova a rivolgere lo sguardo all'esterno, in cerca di qualcuno con cui condividere la questione. In questo secondo caso ci siamo resi conto di trovarci sempre di fronte a risposte preconfezionate, che finivano per portarci fuori dalla nostra ricerca. Mostrare noi stessi in scena significava far prevalere l’anima intimista, mentre avevamo bisogno di rendere il lavoro meno autoreferenziale e più aperto alla condivisione. Ci sono stati diversi elementi che sono cambiati durante questa lunga gestazione, non solo i protagonisti. Per esempio è mutata col tempo l’invettiva con cui Valeria espone le varie modalità di “sacrificio” dell’animale in vista degli imminenti banchetti pasquali: di spalle al pubblico e di fronte all’agnello - elemento centrale per lo sviluppo della drammaturgia - tale invettiva è stata per noi un modo per potere “dire” senza predicare, senza porci su un pulpito, come invece ci sembrava avvenisse nella forma iniziale dello spettacolo. Avevamo addirittura pensato di eliminare completamente la scena, poi le repliche ci hanno permesso di riprendere in mano la scrittura e abbiamo trovato una forma che ci soddisfacesse.
ph Eleonora Cavallo
Jesus potrebbe essere visto come una sorta di evoluzione di The End, spettacolo nel quale cercavate la spiritualità per accettare la fine come parte della vita. Jesus si interroga ora su qualcosa che va oltre il tempo terreno...
Sono d’accordo nel rintracciare un filo rosso che lega i due spettacoli e, nonostante The End non graviti attorno alla religione, quest’ultima continua con evidenza a permeare la nostra vita di non credenti e in qualche modo i nostri spettacoli; in un modo o nell’altro la sua presenza si avverte sempre, soprattutto riferita a segni e rituali che per noi hanno costantemente rappresentato un’occasione per svuotare stereotipi o ribaltare luoghi comuni, come per i funerali di Pavarotti in Pornobboy ad esempio. Il crocifisso in The end non è un simbolo soltanto per i credenti ma anche per chi come me e Valeria non ha una fede religiosa. In quello spettacolo c’è un’attenzione particolare alla vita, qualcosa che descriverei come un “grido”: si tratta di tentare di vivere con la consapevolezza della morte, che è come occuparti di te ad un livello più alto rispetto alla semplice sopravvivenza, significa infatti occuparsi anche dello spirito. Tanto The End quanto Jesus si interrogano sul bisogno di spiritualità, bisogno che possono avvertire tutti al di là delle proprie convinzioni, ma con Jesus affrontiamo direttamente la figura di Cristo tentando di spogliarla dagli abiti tradizionali che l’hanno resa merce. In quest’ultimo lavoro c’è sicuramente uno slittamento in avanti, non ci occupiamo solo di come viviamo qui ma proviamo anche a porci una domanda sul senso del nostro stare qui in funzione di quello che potrebbe esserci dopo.
Si spiega così che il crocifisso di The End diventi agnello in Jesus?
Fin dall’inizio avevamo in mente l’immagine dell'agnello, abbiamo infatti lavorato per lungo tempo con in scena me, un agnello e cinque pecore vive. Non c’era solo l’emblema del sacrificio in quell’immagine, ma l'idea di un gregge che aveva bisogno di un riferimento, di una via che fosse scritta o che fosse data. Quindi sì, la tua interpretazione rispetto alla variazione del simbolo ha una sua coerenza. Il crocifisso chiudeva una storia, una vita rappresentata in The End dal nostro presepe ideale; l’agnello è invece metafora di innocenza, di ingenuità, di un candore che rappresenta una nuova possibilità, un nuovo inizio, che rimanda a un’apertura verso qualcos’altro. Ettore in questo senso è stato il nostro stimolo, le sue sono domande che hanno a che fare non solo col “dopo” ma anche col “prima”. Se a noi bastano risposte scientifiche, lui ha bisogno di riscontri adatti alle sue capacità intellettive, in modo che le risposte lo mettano anche in uno stato di possibile comprensione, oltre che di quiete.
ph Eleonora Cavallo
Mi pare che questo bisogno di risposte renda lo spettacolo meno cinico, meno ironico e dissacrante rispetto ai precedenti. In questo senso il percorso intrapreso con Pinocchio e Lolita ha lasciato qualcosa anche in Jesus?
Con Pinocchio e Lolita avevamo lavorato con non-attori portando sul palco la loro intimità, processo che ci ha aiutato nella messa in scena di Jesus, dove come già detto la nostra intimità è esibita in una maniera molto più marcata che negli spettacoli precedenti. Se avessimo però utilizzato la stessa forma delle due opere citate, e cioè avessimo scelto di mostrare direttamente noi stessi e il nostro vissuto sul palco, avremmo rischiato che la materia ci sfuggisse di mano, non possedendo il necessario distacco.
Il vostro prossimo lavoro, David è morto, sarà coprodotto dall’ERT e dal Teatro stabile del Veneto. Quali domande vi state ponendo, pensando alla nuova prospettiva di pubblico?
Di sicuro si tratta di una grande opportunità, potremo incontrare un pubblico che generalmente viene poco a contatto con il nostro teatro. Siamo stati sempre convinti che la nostra poetica potesse essere trasversale, pensiamo che la nostra ricerca sia “aperta”, fruibile da fasce consistenti di pubblico. Per questo motivo l’idea che anche dei teatri stabili si aprano al nostro teatro ci intriga. Staremo a vedere. Ovviamente sarà impossibile soddisfare tutti, ma questo fa parte del gioco e credo che anche chi ci ha scelto abbia la nostra stessa consapevolezza.
Bando ricerca persone per David è morto
David è morto è il nuovo spettacolo di Babilonia Teatri, frutto di una coproduzione tra Teatro Stabile del Veneto ed Emilia Romagna Teatro Fondazione. Per lo spettacolo siamo alla ricerca di 5 persone che daranno vita a questa nostra prossima creazione. Entro il 10 aprile inviateci i vostri video di presentazione e postate il link al video su questa pagina; selezioneremo una rosa di candidati con i quali lavoreremo a Padova dal 20 al 24 aprile per individuare le creature con cui dar vita allo spettacolo. David è morto debutterà a fine novembre 2015, con prove a Verona tra settembre e il debutto. Le persone prescelte saranno poi coinvolte in un progetto di più ampia durata.
Posted by David è morto on Venerdì 13 marzo 2015