“Nostra patria è il mondo intero”, cantava l’anarchico Pietro Gori più di un secolo fa, “…e nostra legge è la libertà”. Partiamo da lontano, mentre i giochi senza frontiere con ambizioni europeiste sono un ricordo analogico e i confini tra paesi e continenti sembrano farsi minacciosamente netti e definiti. Partiamo da lontano, per raccontare di un teatro internazionale che si sta affermando in questi ultimi anni e per capire quali sono gli elementi di novità.
Con questa rubrica si guarda alle realtà che sono cresciute nel nostro secolo, artisti trentenni e quarantenni, di cui ci interessa comprendere meglio gli elementi di cambiamento e di rottura. E soprattutto ci interessano le contraddizioni che rappresentano. In Italia si dice spesso che non è un problema di generazioni, l’età non conta e che il discorso è un altro, sempre un altro. Un concetto ripetuto fino allo sfinimento e più di una volta in modo strumentale. Invece no. Siamo convinti che per scavare un po’ di più e togliere la polvere a questo presente cannibale bisogna porsi un problema anche generazionale.
Per capire qualcosa in più di questo mondo assurdo bisognerebbe guardar meglio dentro quel che accade tra i più giovani, in Italia e nel mondo. Il teatro è la nostra piccola lente, fiduciosi che ancora sia un’arte capace di circoscrivere un campo e ingrandire i dettagli. Ecco che il nostro ciclo guarda agli artisti o ai gruppi di teatro contemporaneo (lasciando oscillanti i termini anagrafici: non siamo un “bando” a cui partecipare), che operano in paesi completamente diversi. Cosa significa avere 35 anni in Libano, in Belgio o in Cile? Quali le differenze, le similitudini e cosa c’è di “nuovo” nelle domande e nelle proposte di chi è cresciuto durante l’esplosione della globalizzazione, il crollo del muro di Berlino, la diffusione del terrorismo islamico, l’ascesa e il declino dell’utopia europeista, la grande crisi economica internazionale? Proviamo a raccontarlo due volte al mese, il lunedì, sempre a partire da uno spettacolo. Buona lettura e “… un pensier ribelle in cor ci sta”. (Rodolfo Sacchettini)