Dice Alessandro Sciarroni nel foglio di sala :«Balliamo una realtà che non ci appartiene e ne cogliamo solo l'aspetto superficiale. Bastano un cappello, e un paio di stivali a fare un cowboy. Il mondo sta morendo e noi non ce ne accorgiamo». Cowboys è una costruzione semplice eppure mirabile, incarnata in scena da Luana Milani e Matteo Ramponi per la compagnia Corpoceleste. In scena un tappeto "alla Mondrian" con riquadri dei colori fondamentali -giallo rosso e blu- su base nera. Uno specchio quadrangolare prende il posto dei volti dei performer riflettendo parti del corpo, porzioni di pubblico e soprattutto il colore su cui il corpo attoriale si muove in quel momento. Patina su patina, il corpo esperisce la superficie monocroma e lo specchio la amplifica, in costruzioni acefale in cui la curva dello sguardo incontra l'inaspettato e l'ovvio. Come in un bacio tra specchi, eccoci protagonisti di una performance che utilizza un dispositivo magico e mendace come oggetto scenico emblematico: quasi a annullare la distanza, o quantomeno mascherarla, tra ciò che si vorrebbe fosse la rappresentazione della realtà e la realtà stessa. Qui ciò che è reale sono i colori, restituiti nella loro concreta profondità dall'ostinazione riflettente degli specchi e dalle esplorazioni dei performer, mentre il passaggio dei volti del pubblico ha il sapore effimero di una carrellata televisiva. Non c'è esperienza, non c'è immersione, ciò che è solo rappresentato o costruito con pochi tratti finzionali convince di più di ogni possibile partecipazione: a concludere la costruzione artefatta di un'identità, e quindi terribilmente realistica e veritiera, una danzetta country, agli spettatori bastano un cinturone, un cappello e degli stivali per mutare i due performer in cowboys. La rappresentazione è più forte della realtà, lo specchio è più resistente di ciò che riflette. Nello specchio non si impiglia uno sguardo, ma si rimira l'aspettativa di una visione. E così i performer trasformati in cowboys con una magia da nulla danzano il loro pezzo country, ballando sull'orlo della fine del mondo.