Immagino che nel lanciarsi da una montagna agganciati a un deltaplano si provi qualcosa di diverso, al momento dello stacco, da ciò che si prova lanciandosi in mare da uno scoglio molto alto. Certo, sarà in entrambi i casi elettrizzante e rischioso, ma mentre la conoscenza degli scogli e del mare ci rassicura rispetto a ciò che ci aspetterà una volta sollevati i piedi da terra, per quanto si possa essere invece esperti di voli e si conosca l'ambiente, non sapremo mai con esattezza come si comporteranno le correnti d'aria una volta che ci saremo in mezzo. Ci sono azioni che richiedono non solo esperienza, ma prontezza di riflessi e capacità di adattamento. Ho l'impressione che stasera, quando l'ensemble di attori che ha partecipato al laboratorio di Butch Morris si troverà sul punto di cominciare il Coro di poeti. Conduction® n°185/I. Lo spirito perfetto, si spalancherà davanti a loro un denso nulla di correnti d'aria, rispetto al quale Morris vestirà i panni del dio dei venti Eolo piuttosto che quelli di un umano direttore d'orchestra. Era in fondo questo che mi aspettavo iscrivendomi al laboratorio, di trovarmi di fronte a un direttore d'orchestra, un conductor appunto, e di diventare parte di un'ensemble di interpreti che sarebbe stata guidata nella preparazione di una performance. Non avevo letto con sufficiente attenzione il dizionario inglese. Se il conductor è effettivamente il direttore d'orchestra (e Morris si presenta fornito di regolare bacchetta da direttore), conduction è invece “il processo per cui il calore o l'elettricità sono direttamente trasmessi attraverso una sostanza in cui c'è una differenza di temperatura o di potenziale elettrico tra regioni adiacenti, con conseguente movimento di materia” e allo stesso modo è “il processo per cui le onde sonore viaggiano attraverso un mezzo”. Se avessi letto queste definizioni per tempo non mi sarei stupito di ritrovarmi a pensare a me stesso e ai miei compagni di Conduction come a viaggiatori del suono piuttosto che ad interpreti. C'è una precisione implacabile nel sistema di segni e codificazioni che permettono a Morris di comunicare all'istante con l'orchestra e di governarne gli interventi. Allo stesso tempo ciascuno è lasciato veramente libero di modulare il proprio intervento nel coro, diciamo pure libero di volare. Ma volare, appunto, non è un esercizio di fantasia, è un concreto viaggio nell'aria e nei suoi tangibili improvvisi movimenti. Il viaggiatore del suono si muove in un ambiente instabile e rischioso, tanto più rischioso se ha la pratica di un novizio, a cui si rende necessario un maestro. L'attrazione magnetica degli sguardi dei viaggiatori, rivolti con estrema concentrazione al loro Eolo, ha forse la consistenza di altrettanti eterei fili che il conduttore regge delicatamente e saldamente nelle sue mani. E questo conduttore è “una persona che dirige la performance di un'orchestra o un coro” o “il materiale o dispositivo che conduce o trasmette calore, elettricità o suono”? Probabilmente in questo caso entrambe le cose. Eolo è allo stesso tempo una personificazione immaginifica del vento e il vento stesso, è non solo tramite lui, ma in lui che il viaggio aereo prende forma fisica. È dunque apparentemente un coro diretto da un direttore d'orchestra l'entità che pronuncerà questa sera le parole di Giovanni Pascoli nella sua Villa Torlonia. Più propriamente si dovrebbe dire che un musicista si appresta a suonare un organo vivente, i cui tasti custodiscono le parole del poeta, e come autentici tasti viventi suonano una gamma di voci che né il musicista, né i tasti stessi possono predeterminare meccanicamente. Non so cosa possa essere lo spirito perfetto, forse parlare al vento.
Marco Cavalcoli