Cominciamo dall’ufficio stampa, diretto da Cristina Roncucci. Qui Cecilia Susani e Margherita Cambi sono addette alla segreteria di comunicazione. Cecilia, in particolare, si occupa di gestire i rapporti con la stampa e con la redazione del festival.
Come è cominciata la tua esperienza?
Ho cominciato questo lavoro attraverso il servizio civile, all’incirca a febbraio. Questo mi ha dato l’opportunità di seguire il festival fin dall’inizio.
Il lavoro di preparazione è stato lungo?
Sì, è cominciato sei-sette mesi prima dell’inizio, il tempo necessario per le scelte di direzione, raccogliere i materiali e gestire tutti i contatti.
Anche perché durante il festival il ritmo accelera notevolmente...
Sì decisamente e non c’è più tempo, il lavoro prosegue anche durante gli spettacoli, si tratta da un lato di accogliere la stampa e fare da supporto alle maschere, oltre un servizio di pubbliche relazioni da portare avanti con gli artisti. È comunque un lavoro d’équipe, che seguiamo a stretto contatto con l’ufficio organizzativo ed Edoardo.
I tuoi colleghi come sono arrivati qui?
Quasi tutti sono stagisti universitari, alcuni di loro come Fabrizia e Giulia dell’ufficio organizzativo, hanno proseguito il loro percorso e sono rimasti.
Ci incuriosiamo. In ufficio troviamo Fabrizia Bettazzi, Giulia Giardi e Marco Cecchi, mancano Simona Passi e Monica Maggio. Sono piuttosto stupiti, non capita spesso che la stampa si interessi a loro. Marco è responsabile della parte economica, Fabrizia gestisce la struttura e i rapporti con il Pecci, Giulia i contatti con le compagnie e l’ospitalità. Parliamo con Giulia e Fabrizia:
Voi siete arrivate qui attraverso uno stage universitario, si tratta dunque di un’esperienza che consigliereste agli studenti?
Fabrizia: Sì, il festival è sempre un’opportunità importante, che permette di agire a più livelli, dal versante tecnico a tutto il resto.
Quanto dovrebbe durare secondo voi uno stage?
Fabrizia: Qualche mese, sicuramente, è indispensabile seguire la genesi del lavoro dall’inizio alla fine.
La cultura quanto conta?
Giulia: La preparazione è importante, io per esempio vengo dal Dams e la maggior parte di noi d’altra parte ha seguito studi umanistici. È qualcosa da cui non si può prescindere soprattutto nei rapporti di comunicazione e con gli artisti. È un lavoro complesso ma culturalmente molto stimolante.
Fabrizia: Senza alcun dubbio la cultura di base è fondamentale, come la competenza informatica e la conoscenza di almeno due lingue. L’esperienza sul campo vale tuttavia il 70%.
Dello stesso parere è la direzione, come ci spiega un Edoardo Donatini in corsa, fortuitamente strappato a una riunione:
Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno Contemporanea sceglie una formula giovane, nella produzione quanto nella comunicazione. Come mai questa scelta?
Da una parte è per l’appeal che il festival ha sempre esercitato sul pubblico giovane, dall’altra perché si desidera offrire agli studenti del territorio e non solo, un’esperienza di lavoro reale, che sia effettiva e non simulata, dove sia anche possibile un percorso di crescita professionale. Gli studenti arrivano qui per scelta e per i nostri rapporti con le strutture di formazione locali, dopo di che spesso si trasforma in un assorbimento nel canale teatrale, con una collaborazione più o meno stabile. Credo che lo stage sia oggi una grande opportunità, un buon salto di apertura dell’università rispetto al passato, ai miei tempi per esempio non c’era e sicuramente sarebbe stato un vantaggio.
Quanto conta il lavoro d’équipe?
È fondamentale in un ambiente come il nostro. Tra di noi c’è un livello di condivisione delle informazioni altissimo. In un festival biennale, in cui la macchina progettuale di fatto non è mai ferma, ogni cosa ha delle implicazioni di carattere organizzativo.
Come vengono assunti i ruoli?
Innanzitutto in base alle disponibilità, oltre che alle competenze di ciascuno. Sono ruoli di importanza strategica, per chi lavora e per chi impara. Non esitiamo infatti a dare a chi se lo merita mansioni di responsabilità.