“Conquistare la libertà individuale e il beneficio delle risorse collettive” questo afferma Le Corbusier quando progetta il suo alveare. Uno spazio fisico in cui gli abitanti sarebbero stati capaci di creare “una comunità verticale, animata non dalle passioni politiche, ma dal desiderio di vivere in efficienza e armonia”. Desiderio e armonia suonano come parole-chiave.
Il sistema-alveare prevede un continuo movimento. L’instabilità.
Cellule sociali fatte di vasi comunicanti, ideate per un continuo trasmigrare verso l’altro. Il fuori: i fiori. Confronti con altri linguaggi, altre aspirazioni, in cui vivono necessità personali. Guardarsi.
È forse questa l’arte capace di instaurare una nuova complicità? È un problema di urgenza, di sopravvivenza. Proprio come nell’amore, il desiderio nei confronti di qualcosa che non può essere respinto, verso cui ci sentiamo attratti senza rimedio. Ma tutto ciò che ha a che fare con il desiderio, ha a che fare con l’infinitamente possibile e tutto ciò che implica possibilità, comporta il rischio.