Abbiamo bisogno di confondere le acque e di creare equivoci. Parole matte indomabili e agguerrite che fuggono via dalle gabbie dei significati per troppa mobilità o troppo amore. Pool è una pozza, un punto dove il fiume sprofonda, un luogo dove scaviamo buchi per inserire cunei o se fosse necessario per sotterrarci. Ma possiamo anche metterci insieme, in un pool, e lottare contro la mafia o monopolizzare il mercato. Che strane sono le parole dove ti perdi, ti confondi e chissà qual è la posta in gioco di tutto questo. La vita o la morte? Che gioco terribile giocare con le parole, non avere un polo di riferimento ma solo pool da spiattellare sul tavolo da gioco. Una coppia e un tris. No, quello è un full, o un fool? Forse abbiamo sentito male. Pool? Non era per caso il pull del distributore di bevande? Tira fuori la bottiglietta e beviamocene un sorso, prima di indossare il nostro pullover bucato e sbirciare tra i dizionari. Pullover? O pool-over? È impossibile uscire da questo cerchio di parole. Chissà se è possibile barare, un colpo di coda, una mano rubata prima che quel nodo che sentiamo in gola non stringa troppo forte. Non sarà un cappio al collo? Il cerchio della morte? Eppure qualcosa deve pure entrarci. Ricominciare da capo, infinite volte, e rassegnarsi al palindromo, loop.