L’apertura di Deficit!, ieri, ha confermato la riflessione alla base del festival: l’impossibilità di un teatro che non riesca a sfondare nella visione. Tutti gli appuntamenti sono riusciti farsi portavoce di una visionarietà senza la quale anche la necessità del teatro viene posta in dubbio.
Primo Quadro:
La video-installazione Middlemen realizzata dall’artista olandese Aerout Mik, ci fa immergere nel buio più silenzioso di Galleria Accursio e ci mostra un quadro di vita vissuta in una Borsa devastata, abitata da un tempo monotono e ciclico dove le immagini paiono autoprodursi a tal punto da non avere la giusta percezione della fine del video e di quando il video ricomincia da capo.
Questa modalità ipnotica non concede allo spettatore della performance (perché di performance si tratta) di disorientarsi veramente di fronte alla disillusione continua della norma: la giacca che cade dall’alto senza sapere esattamente da dove, le cravatte storte, i cedimenti posturali che portano mobilità dentro a una più generale immobilità o la sincronia dei movimenti del capo che dal nostro sguardo viene immediatamente tradotta come danza, grazie ai movimenti di camera lenti, sembrano rientrare in una normalità acquisita.
Il rimando a Enter Achilles dei DV8, formazione di danzatori made in UK, che nel 1995 avevano indagato i comportamenti dentro e fuori la norma della gente in un pub inglese, è immediato. Per tutta la durata del video la resa sembra la vera protagonista non solo perché quasi tutti sono seduti e accasciati e un solo uomo continua a correre, rompendo il più generale ritmo lento del contesto, ma anche perché la videocamera riprende solamente il busto e le gambe dei protagonisti in piedi, valorizzando una visione che tende al basso più che alla più rassicurante verticalità, valorizzando coloro che sono seduti e quindi vinti.
Secondo Quadro:
Lo spagnolo Rodrigo García trae spunto “senza alcuna considerazione preliminare” - come afferma l’artista - dal dipinto di Goya El duelo a garrotazos per la sua video-installazione dal titolo: Preferisco che mi interrompa il sonno Goya che non qualunque figlio di puttana. García non a caso prende un dipinto dell’ultima fase di Goya, quella disillusa e cupa, quella della perdita dell’udito. Anche per questo video quindi un silenzio colmo solo di ronzii.
Due schermi posizionati l’uno di fronte all’altro rimandano immagini autistiche di lotte estenuate nel vuoto con mazze da baseball e se c’è un avversario reale i due combattenti non si sfiorano mai, quasi a vanificare il motivo del loro combattere. In alternanza a questa immagine due persone zappano la terra mossi solo da violenza e rabbia, fino a sotterrarsi vivi con le proprie mani: unico loro atto di volontà forte.
Terzo Quadro:
Uno spettacolo fatto a quadri è Cado della Compagnia Virgilio Sieni. Come dentro a un quadro di Degas quando inizia, con quel silenzio rotto solo da un mugolio che si fa ritmo di azione e viceversa.
Cadono gli oggetti, le aspettative, ma non cade l’immagine in questo spettacolo che, grazie all’utilizzo di oggetti della quotidianità, costruisce figurazioni nutrite da riferimenti storico-politici che colpiscono per intensità ed efficacia.
Il ritmo lento restituisce mobilità riuscendo a condurre gli spettatori in situazioni diverse e inaspettate: cambiando l’oggetto quotidiano, cambia l’idea che ne è alla base. La grande risorsa sta nel non affezionarsi all’immagine creata, distruggendola e smontandola coraggiosamente verso una nuova visione.