Nel limbo tra la comunicazione online e offline, dove stanno i confini delle relazioni? La domanda è ricorrente nel dibattito contemporaneo, e la conferenza-spettacolo Purge Lectures di Brian Lobel non fa che amplificarla. Perché è reale lo status update che Lobel esegue sul suo profilo Facebook nel momento in cui entriamo nella sala («Sto iniziando PURGE al Festival di Santarcangelo, che è un posto meraviglioso»), ma allo stesso tempo è lanciato in un luogo virtuale e all’interno di una finzione spettacolare. E perché questa stessa finzione è sviluppata in forma di conferenza reale e con storie di amicizia autentiche, ma comunque legate a un social network.
Prima di riflettere sulla complessa impalcatura costruita dal newyorkese Brian Lobel, occorre però una distinzione: Purge Lectures, andato in scena domenica 14 luglio al Teatro Supercinema durante il Festival, è una costola dello spettacolo Purge firmato da Lobel e qui interpretato il giorno precedente dalla performer italiana Eva Geatti in una versione apposita per Santarcangelo •13 allestita al Caffè Commercio. Per quattordici ore, la Geatti è stata al suo computer passando in rassegna, uno a uno, i suoi amici di Facebook e descrivendo la relazione con loro nel breve arco di un minuto. Alla luce delle informazioni, il pubblico doveva votare se cancellare l’amicizia o meno.
[Eva Geatti al Caffè Commercio per Purge di Brian Lobel - Foto di Ilaria Scarpa]
Purge Lectures, sviluppato in forma di conferenza-spettacolo, vede invece Lobel seduto alla scrivania con uno schermo alle spalle che mostra ciò che accade nel suo computer, e con una webcam che lo riprende per la diretta streaming dell’evento. Specificità della forma spettacolare di Purge Lectures è lo sviluppo di una narrazione colloquiale, senza una teatralità spiccata ma senza nemmeno perdere l’elevato livello di interazione col pubblico che già caratterizza Purge.
La lettura parte dal racconto dell’episodio che ha fatto scattare in Lobel l’idea di Purge: la morte di Grant, suo amico-amante conosciuto sul social network Friendster, con il quale è scattata una «relazione tumultuosa» i cui echi si sono sempre rispecchiati online, tra dichiarazioni d’amore e rimozioni di amicizia. Lobel è pieno di rimorsi per come ha gestito la parte online della sua relazione, attorno alla quale ruotano tutte le sue tormentate riflessioni: «Perché mai avrei dovuto aggiungere Grant agli amici? Lo eravamo già. Ma lo eravamo?»; «Grant decise che non dovevamo più essere amici dopo la rottura. Forse non gli piacevo molto in quel periodo. Non entravo in Friendster da più di quattro anni, ma questo suo taglio netto alla nostra amicizia elettronica mi lasciò un vuoto da colmare. E delle risposte da trovare». Risposte che Lobel, con il progetto Purge, continua a cercare navigando nei retroscena delle altre sue relazioni online, e riuscendo a trasmettere i significati di cui è carico un semplice gesto come l’interrompere o lo stringere amicizia su Facebook.
Tutto questo viene fatto, in Purge Lectures, richiedendo l’attiva partecipazione del pubblico soprattutto tramite due tipi di azioni. La prima, sollecitata più volte durante lo spettacolo, chiama un singolo spettatore a entrare nel suo personale account Facebook ed eliminare o riaggiungere un amico, altrimenti lo spettacolo non andrà avanti. La seconda, che occupa metà della conferenza, vede Lobel leggere la lettera inviata a tutti i suoi contatti prima di Purge («Il mio nuovo spettacolo coinvolgerà te e il resto della comunità di Facebook. Inviterò completi sconosciuti a decidere se tenere o eliminare individualmente i miei amici»), e poi le singole risposte ricevute da alcuni contatti, dalle quali emerge il rapporto personale che li lega al performer.
[La lettera inviata da Brian Lobel ai suoi contatti Facebook prima della performance Purge]
Il pubblico è chiamato a indovinare se Lobel abbia eliminato o mantenuto l’amicizia, esprimendosi con i cartelli “Keep” e “Remove”. Grazie a questo meccanismo ludico e coinvolgente, è notevole il livello di partecipazione che Lobel riesce a raggiungere: essendo sviluppate sotto forma di conferenza e non di spettacolo, le Lectures non impediscono al pubblico di esprimere espressioni di stupore, gioia o dispiacere ad alta voce quando Lobel annuncia il termine o il proseguimento della friendship su Facebook. Addirittura c’è chi si sente libero di chiedere chiarimenti, interrompendo quella che è comunque una performance. D’altronde Lobel rimane il primo a interpellare la platea e a esteriorizzare i suoi sentimenti raccontando i rapporti con i suoi amici, le offese di qualcuno che è stato cancellato, il sollievo di qualcun altro che si è salvato, e lo fa con estrema colloquialità e senza vincoli teatrali. Il pubblico si sente quindi autorizzato a fare lo stesso, manifestando emozioni che, è bene ribadirlo, non sono scatenate da una finzione: in base a questo scarto si innescano le riflessioni sul rapporto tra reale e virtuale che stanno alla base di Purge Lectures. Infatti, il livello di partecipazione paritario raggiunto da Lobel è lo stesso reso possibile dai social network, e indagato ampiamente dalla scena artistica contemporanea, ma troppo spesso in maniera esclusivamente ludica, televisiva e fine a se stessa (sempre a Santarcangelo •13, lo si è visto ad esempio in All Ears di Kate McIntosh).
La raffinatezza di Purge Lectures, invece, sta nell’affrontare in maniera diretta il tema delle relazioni online, conservando un approccio più sociologico che teatrale: Lobel non vuole interpretare il fenomeno social network, ma semplicemente segnalare che c’è e che non può essere ignorato, e lo fa mettendo in scena tutta la complessità delle relazioni tra individui, che siano online o offline, poiché la distinzione tra vita ‘reale’ e ‘virtuale’ sta crollando con sempre maggiore vigore.
Se l’intero progetto Purge può dirsi efficace, è perché non pretende di attraversare una tematica insidiosa come quella della partecipazione e dei social network tentando di interpretarla, metabolizzarla o attivarla di forza nello spettatore; e nemmeno richiedendo azioni dirette ad alto rischio di banalità. Purge semplicemente descrive questa tematica dall’interno, indossando le sue azioni e palesando la naturale continuità delle relazioni tra online e offline.