A cura di Aghate Philippe
Finito il Festival Vie, arriva forse il momento di fissare dei punti. Sabato mattina al Palazzo Comunale di Modena era organizzato un incontro tra artisti, direttori di sale e festival europei per tirare un bilancio di questa settimana e per riflettere insieme sulle diverse questioni di politica culturale che circondano la creazione contemporanea. Uno scambio importante per tutti coloro che hanno a cuore il teatro. Quello che segue è un piccolo rendiconto di qualche sguardo straniero (in questo caso francese) posatosi sul festival Vie di Modena e sulla creazione italiana di oggi.
Preoccupazioni sul contesto italiano
F.J. E’ un festival che seguo da ormai diversi anni. Non si tratta per me di una scoperta, piuttosto di una conferma. In uno spazio di tempo abbastanza breve non si presenta un panorama - poiché non c’è una volontà esaustiva di mostrare tutto ciò che si fa oggi - ma rimane pur sempre forte un certo numero di scelte sui gruppi: Scimone e Sframeli, Raffaello Sanzio ecc. Mi sembra che in Italia sia attualmente molto difficile, i festival esistenti sono in difficoltà economiche o istituzionali tanto che diventa sempre più complesso portare avanti i propri progetti. Le funzioni di un festival sono: un luogo, una città e un tempo preciso - generalmente corto, due o tre settimane al massimo – nei quali concentrare delle creazioni e dare l’impressione di una vitalità artistica. In Italia oggi ci sono sempre meno posti in cui rimane possibile mettere in pratica tale missione. C’era Santarcangelo. Polverigi è ormai precario. Restano Torino e Modena. E’ una situazione drammatica per gli artisti italiani perché alla precarietà delle compagnie – che incontrano sempre maggiori difficoltà a produrre degli spettacoli – si aggiunge la doppia difficoltà dei festival che spariscono o si indeboliscono.
A.H. Sappiamo bene che recentemente la scena italiana è stata vessata dai tagli ministeriali. E’ quindi sempre interessante quello che nasce e quello che continua a esistere. Si è parlato di panico, di solitudine. Non penso che si tratti della rappresentazione di una catastrofe imminente, ho ancora l’impressione che gli artisti cerchino delle forme per “dire” il mondo.
Particolarità del festival Vie
F.J. Abbiamo messo in piedi un lavoro di relazioni internazionali tra la Francia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo. Pietro Valenti è stato il presidente di questa associazione, che si chiama IRIS, capace di riunire professionisti dei quattro paesi. Con Pietro abbiamo lavorato molto sugli scambi artistici internazionali. Ci siamo resi conto che questo festival non è affatto provinciale, nel senso ideologico del termine. C’è una assoluta presa di coscienza della dimensione internazionale nella programmazione, ma anche nelle relazioni con gli altri professionisti. Sono presenti, per esempio, una quindicina di direttori di festival francesi.
H.A. Sono rimasto impressionato dalla qualità degli scambi e dal numero di artisti stranieri e italiani presenti. Dato che il festival di Avignone ha trent’anni di esistenza, sono sorpreso nel vedere che a Modena dopo due anni si sia già costruito un appuntamento di rilevanza internazionale.
J.L. Quando vedo una programmazione come questa mi pongo la domanda : perché si trova concentrata intorno a un solo festival? Se appare nel quadro di un festival significa che non rappresenta la programmazione quotidiana. L’ideale sarebbe assistere alla trasformazione di questi festival in eventi di durata più ampia.
Valore della riunione
J. L. Attorno agli incontri ruotava questa questione fondamentale: quale teatro per il nostro tempo? E’ rara una tale apertura in Italia, forse non eccezionale, ma abbastanza rara da dover essere sottolineata.
F.J. Ieri abbiamo partecipato a un momento di riflessione organizzato di membri italiani dell’IRIS su alcune questioni di politica culturale. E’ molto interessante assistere a un incontro di questo tipo in Italia, dove hanno partecipato anche artisti come Raffaella Giordano, Giorgio Rossi, Danio Manfredini, tra l’altro non inseriti nella programmazione del festival.
H.A. Questa mattina la riunione proponeva di riflettere su soluzioni innovative come gli scambi internazionali. L’impressione era che non fosse l’ennesima discussione in più, ma una proposta interessante venuta dagli artisti italiani per elaborare nuove modalità.
F.J. Penso che Modena possa diventare - possa perché non si è che all’inizio - uno spazio di incontri europei intorno alla creazione contemporanea italiana. Per quanto mi riguarda è una questione fondamentale. Inoltre, la città di Modena presenta le condizioni ideali: ha dimensioni ridotte, non siamo a Milano o Venezia. Basta essere in Piazza Grande per incontrare tutti. Ci sono tutte le condizioni affinché Modena trovi un posto in Europa. In effetti, la questione non si limita a trovare luoghi in Italia, in Francia o Inghilterra. Bisogna trovarli prima di tutto in Europa.