Colpisce allo stomaco lo spettacolo "Nel nome di chi" di Ekate Teatro. Apre voragini di senso, lascia attoniti e con le parole strozzate in gola, polverizza i significati e risucchia nel gorgo delle impressioni. In una parola strania. E' straniante il luogo ove si compie la performance quanto il modo in cui essa viene eseguita. Lo spazio di una piazza abbraccia il calvario di tre donne, si fa palcoscenico di un'insolita rappresentazione. "Chi dice donna dice Maria" sentenzia la voce narrante della regista Magda Siti e così le tre Marie interpretate da Angela Burico, Cristina Carbone e Bruna Bertoni, mimano la loro sofferenza di donne dall'identita frantumata. I loro corpi 'singultanti' si contorcono in spasmi involontari, si attorcigliano, gridano nello spazio silente il 'mal de vivre' dell'età contemporanea. Sono tre vittime sacrificali esposte al pubblico ludibrio di una piazza che gradualmente si riempie, in un andirivieni di gente curiosa e stralunata. Sedute su palchetti differenti, le tre donne-oggetto, vengono profanate nell'esteriorità da veraci parrucchieri di professione che si accaniscono sui loro capelli con forbici e rasoi. Nel nome di chi si sia compiuto il sacrificio non è chiaro, forse nel nome di Dio, fatto sta che la loro intimità si smarrisce insieme alle ciocche di capelli recisi. Mentre le forbici simili a cesoie finiscono il loro sfregio, Magda Siti, con voce pastosa enumera il nome dei martiri torturati in nome di Dio: è una lista truculenta a cui fa da contrappunto un coacervo di melodie e sonorità intenso. Le tre donne, spogliate della dignità, vagano ora sotto i portici che delimitano piazza Garibaldi. Il coinvolgimento di uno spazio nuovo e altro rispetto a quello classico del teatro, la violenza di sapore artaudiano con cui si scuote e si aggredisce il pubblico, la sua risposta compassata e via via partecipata sono elementi di pregio da non sottovalutare. Si può essere più o meno soddisfatti sull'esito dello spettacolo, ma di certo, in quell'ora o poco più di scavo emozionale, non si rimane indifferenti.
Generoso Verrusio