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La struttura dello spettacolo è a imbuto, partendo da una (presunta) apertura al caso (la definizione di esemplari è infatti decisa sul momento ma, plausibilmente, le diciture ricorrono) fino a precipitare verso una chiusura sempre più codificata. Si parte dall’individuare degli esemplari (esemplari nati nel 1994, esemplari pelosi) per poi passare al capitolo due che agli esemplari affianca un comportamento (esemplare perfetto - comportamento virtuale; esemplare single - comportamento di canto), fino a concludere lo spettacolo con il capitolo tre che vede delle formazioni corali “agire” e interpretare delle parole chiave (invito, allarme, equilibrio, rito, intimidazione, competizione). Visto dall’alto, potrebbe anche sembrare la concettualizzazione e al tempo stesso la concretizzazione del percorso coreutico e registico che porta alla formalizzazione di uno spettacolo: fase di conoscenza del performer, analisi e messa in atto di un suo personale codice gestuale e strutturazione finale da parte del regista.
Non siamo abituati a vedere in scena questo approccio algebrico e tassonomico rispetto alle identità adolescenziali (si pensi solo alla non-scuola di Martinelli che si nutre del magma brulicante ed energetico di quell’età), e per certi versi questo ne rappresenta sicuramente la novità e l’originalità, per lo meno italiana (mentre dall’estero i Victoria capitanati da Tim Etchells già ne dierero superba prova proprio a Vie nel 2007). A tratti, grazie a piccoli cenni (la faccia paffuta, il brufoletto mal celato o l’accenno di barba), ci ricordiamo che ci troviamo di fronte a nove ragazzi tra i sedici e i diciannove anni, potenziali connettori fisici delle rivoluzioni e delle evoluzioni di cui Cage fu massimo esponente e promotore in ambito musicale, e non solo, nel secolo passato (ricordiamo che lo spettacolo è lo sviluppo di un video e di un progetto che proprio a Cage è dedicato nel centenario della nascita). Ma la loro personalità, in questa struttura normativa, viene schiacciata, l’esposizione al rischio annullato dall’incedere metronomico del gong. I ragazzi, tutti, sono dentro alle azioni da loro proposte, con coscienza e precisione, frutto di un lavoro formativo lungo mesi che qui raccoglie i suoi migliori frutti. Lo spettacolo è chiaro, accessibile (e di questo va dato merito) anche a chi non ha dimestichezza con la scena contemporanea. Si esce con riferimenti precisi rispetto alla struttura della performance, i tre capitoli hanno un’evoluzione coerente e rassicurante. Attorno a quest’opera piace immaginare che si possa continuare a portare avanti degli interrogativi, che in effetti rimangono in sospeso: quale adolescenza è stata convocata? Dove si è depositato il “precipitato cageiano”? E infine, emerge davvero l’intimità dei ragazzi attraverso questa struttura così codificata, o, piuttosto, la fagocita?