L’attore e regista Ulderico Pesce non è la prima volta che si confronta con la scrittura per il teatro. Certo è che riadattare un testo altrui per la scena (come nel caso di Contadini del sud, scritto inedito tratto dall’opera di Rocco Scotellaro e Amelia Rosselli) ben diverso è dalla scrittura diretta e partecipata, come nel caso di FIATo sul collo: i 21 giorni di lotta degli operai della Sata di Melfi. Non affiora solo l’appartenenza a una terra del sud, spesso dimenticata come la Basilicata, o una lingua vivace dai tratti dialettali che bene restituisce guizzi e simpatia alla descrizione sofferta della lotta degli operai della Fiat di Melfi. Ma è la partecipazione civica e politica quella che più avanza vigorosa tra le righe di un testo scritto con rigore, senza tuttavia appesantire quelli che sono i già gravosi fatti accaduti nel 2004. Questo stesso rigore non fa apparire vuoto l’atto di Pesce di presentarsi a ritirare il Premio Marisa Fabbri con la tuta di lavoro degli operai della Fiat. Il Premio, attribuito all’opera in cui emergesse un linguaggio particolarmente aperto e poetico, pare essere il riconoscimento più calzante se si fa riferimento ad una donna che sviluppò il proprio mestiere lì dove non esiste differenza fra impegno sociale e passione teatrale, nella consapevolezza che il punto di tensione più proficuo si situa nel fervore di sapersi parte integrante della storia civile dell'umanità. Marisa Fabbri fu insegnante e promotrice di Ulderico, spronandolo, dopo le prime prove giovanili, a continuare a scrivere. Questo felice incontro, unito all’impegno politico di Pesce, nato in una famiglia dove il padre era sindacalista, lo hanno premiato per aderenza a una scrittura capace di restituire la vitalità di riflessioni profonde che ci riguardano.