Email Facebook Twitter
NEWS

26/04/2018
Osservatorio sul festival Ipercorpo: aperte le iscrizioni


20/03/2018
Direction Under 30: aperto il bando per candidarsi


20/03/2018
Planetarium ai festival di teatro-ragazzi


19/03/2018
Teatro e giovani generazioni: un incontro-dibattito a Castelfiorentino


10/11/2017
Performing Gender: gran finale a Bologna


08/11/2017
Master in Imprenditoria dello spettacolo 17-18, Università di Bologna


07/11/2017
Con occhi nudi: un itinerario al femminile


05/11/2017
Lettera 22. Premio giornalistico nazionale di critica teatrale under 36


04/09/2017
Cornice Aperta. Aperitivo con gli artisti del Festival Danza Urbana


19/05/2017
Maggio all'infanzia, dal 17 al 21 maggio a Bari


04/05/2017
Ivrea Cinquanta – Mezzo secolo di Nuovo Teatro in Italia 1967 – 2017. Genova, 5-7 maggio


29/03/2017
Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


24/03/2017
''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


28/02/2017
“Comizi d’amore”, open call per registi/drammaturghi e attori under 35 di Kepler-452


11/01/2017
La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


05/12/2016
Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


07/10/2016
Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


23/09/2016
Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


03/09/2016
Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


31/08/2016
Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


TWITTER

Download pdf


Turchia, il teatro dopo il golpe. Una conversazione hello
Published Date: 0000-00-00 00:00:00
Nella notte fra il 15 e il 16 luglio in Turchia si è verificato un tentativo di colpo di stato, forse l'evento più eclatante fra i molti che da circa tre anni stanno scuotendo la repubblica mediorientale. Abbiamo chiesto a Emre Yalçın – regista della compagnia teatrale “Beyoglu Kumpanya” e assistente presso l'università Dokuz Eylül di Izmir – e a Semih Çelenk – docente di teatro presso il medesimo istituto – di spiegarci il loro punto di vista sulle ultime vicende e di provare a ipotizzare come queste possano influenzare la scena teatrale del Paese. Ne è uscita una conversazione ampia, che cerca di fare il punto sul teatro turco e capire come l'arte possa reagire a un periodo di “crisi” politica che sembra lontano dal chiudersi.
(turkish version below)



Emre Yalçın: In Turchia da un po' di tempo regna un caos che sembra ben in là dal finire. La rivolta di Gezi Park, le bombe, leggi oppressive ed epurazioni da parte del governo, una vera e propria guerra che si sta sviluppando nell'est del paese, l'attività terroristica del gruppo FETO e infine il tentativo di colpo militare con la conseguente dichiarazione di uno stato d'emergenza. Che ne pensa di questo caos?

Semih Çelenk: Leggo gli ultimi eventi come parte di un “caos” più generale a livello mondiale, che è iniziato durante gli anni '40. Le situazione caotiche, il timore che da queste si genera e le misure oppressive che si propongono per porvi rimedio sono gli elementi caratteristici di un modello di autorità che si sta ripetendo più volte nella storia. Si crea sempre la percezione di una minaccia e di un “nemico” esterni: la sensazione costante di un pericolo ambiguo e onnipresente rende più facile governare in modo autoritario e oppressivo, in nome della stabilità e dell'uscita caos. Si riesce cioè a imporre senza troppa resistenza uno stato di emergenza come quello attuale, assieme ai provvedimenti repressivi che lo accompagnano, e tali dinamiche si riproducono seguendo più o meno sempre le stesse linee di sviluppo in tutto il mondo. 

Emre Yalçın: Possiamo dire però che il nostro paese ha una posizione “speciale” dal punto di visto geopolitico?

Semih Çelenk: Ho ormai 50 anni e la mia impressione è che fin da quando ne avevo 15 regni un caos che non si è mai interrotto. Operazioni militari, conflitti armati, terrorismo etnico e religioso, c'è sempre stata una minaccia. Ogni qual volta da una parte si riesce a compiere dei passi avanti in termini di libertà ed emancipazione, dall'altra la minaccia si intensifica e “prende in ostaggio” la nostra vita quotidiana e i nostri desideri. Si è sempre posti di fronte a un dilemma: sicurezza o libertà? È chiaro che si propende sempre per il primo polo. Quindi, ribadisco, anche quello che stiamo vivendo oggi è parte di dinamiche globali e frutto di quella ragione neoliberista che oramai dirige il mondo, pervadendo ogni contesto. Se guardiamo a come circolano le armi o alle politiche che tendono a dividere le popolazioni, è chiaro che i governi siano profondamente implicati nelle attività terroristiche: chi si lamenta del terrorismo è generalmente anche chi lo aiuta a crescere.
Detto questo, è vero che la Turchia ha avuto un suo peculiare sviluppo storico dovuto alla sua posizione geopolitica e che questo rende forse più alta la possibilità che qui i conflitti esplodano in maniera più violenta che altrove.

Emre Yalçın: La notte del 15 luglio si è svolto un tentativo di colpo militare, un evento certamente molto significativo. Come lo commenti? Subito si sono formate interpretazioni diverse fra loro e risulta difficile capire quali siano effettivamente credibili...

Semih Çelenk: È vero: esistono dei fatti molto chiari ma risulta difficile capire le dinamiche che si nascondono dietro di essi (che verosimilmente resteranno chiare solo a chi ha diretto gli eventi). Ciò che è opportuno rilevare è come, attraverso il tentativo del colpo militare, la popolazione sia arrivata a un compromesso. L'opposizione (a Erdogan) ha giocato un ruolo fondamentale: ha risposto in maniera coesa contro il golpe ma allo stesso tempo si è detta fermamente contraria all'imposizione di un regime totalitario come soluzione politica. Per questo, è possibile sperare che i provvedimenti molto rigidi già adottati per i golpisti e i loro sostenitori non vadano a toccare la gente comune, generando una spirale di ingiustizia e ineguaglianza. Eventi di questo tipo in una democrazia civile dove la gente ha diritto di parola potrebbero portare a risultati utili per tutti, se ci si muove insieme per proteggere i valori comuni della nostra convivenza e se si riesce a creare coesione attorno all'aspetto laico e democratico. Si possono osservare segnali in tal senso ma, d'altra parte, è chiaro che le condizioni per una svolta autoritaria e per uno scenario ben peggiore di quello attuale sussistono. In un lasso di tempo così breve è difficile capire cosa si nasconda dietro all'apparenza e perciò è più difficile arrivare a opinioni certe e fisse riguardo ai risultati e alle cause. Forse, è più utile provare a concentrarci sul trauma generato dal tentativo di golpe: le centinaia di morti e le migliaia di feriti, la sensazione di paura e perturbamento che avvolge la nostra vita quotidiana...

Emre Yalçın: Come si riflette questo caos nel mondo teatrale? Ogni giorno si susseguono arresti e licenziamenti di affiliati a FETO... Pensi che un processo simile possa diventare una caccia alle streghe che coinvolga anche i teatri di sinistra o gli oppositori di diverse opinione politica, al solo scopo di rinforzare l'autorità dell'AKP?

Semih Çelenk: Nelle società come quella del nostro paese dove la polarizzazione politica è molto forte, dove ci sono nemici e conflitti interni, periodi come questo possono facilmente creare un'atmosfera scura, in cui la ricerca di un colpevole si generalizza e si trasforma in una caccia alle streghe. Si pensa cioè di poter risolvere il problema senza andare in profondità, con procedimenti sbrigativi che rischiano di creare ulteriori conflitti e di reprimere qualsiasi tipo di opposizione. Anche durante gli altri colpi militari avvenuti nel nostro paese (come il 12 marzo 1960 o il 12 settembre 1980) o nei periodi caotici sono stati sempre generati meccanismi di grande oppressione sull'opposizione intellettuale e artistica. Spero che abbiamo imparato qualcosa dalle vecchie esperienze: questi tipi di interventi sommari non fanno guadagnare niente al nostro paese e portano solo dolore e vittimismo. Il problema deve essere allora capire come scongiurare pericoli di questo tipo, che purtroppo sono costanti e regolari.

Emre Yalçın: In effetti, già esisteva una tensione continua fra i teatranti e il governo prima che esplodesse una crisi politica così forte come quella attuale...

Semih Çelenk: Secondo me l'obiettivo più importante per gli uomini di teatro del nostro paese è riuscire a ottenere una propria istituzionalizzazione e, pertanto, una propria continuità. L'arte teatrale prima di tutto deve avere degli artisti che creano principalmente per il teatro e con il teatro. Non è mai esistita (e probabilmente non esisterà mai) una zona di libertà assoluta, una zona franca nella relazione fra il teatro e gli avvenimenti sociali. Guardando anche solo al passato più prossimo, possiamo vedere che il teatro si è fatto anche nei campi di concentramento,  nelle prigioni o nelle fogne... il teatro come un mezzo di espressione e come mezzo per raccontare e far capire se stessi si potrà sempre produrre. Ciò che conta allora è che tale caratteristica, tale potenziale “onnipresenza” del teatro, venga protetta e portata avanti dagli artisti stessi. Quando guardiamo alla Turchia, notiamo come tale caratteristica non sia mai diventata un'abitudine, non è mai esistita al 100 per cento: il teatro infatti non rappresenta nel nostro paese una necessità sociale bensì un extra, una specie di “lusso”. A differenza dell'occidente, dove mi pare grazie alla tradizione il teatro occupi un ruolo maggiormente centrale, non c'è in Turchia una forte domanda da parte della società che faccia percepire il teatro come una necessità pubblica. Occorre da parte nostra fare qualcosa in tal senso, anche perché la Turchia è una paese che ha una cultura e un'attitudine alla spettatorialità molto radicate. E, paradossalmente, una situazione caotica come quella che sta vivendo ora la nostra società rappresenta un'occasione di crescita: il teatro potrebbe costituire una sorta di “ancora di salvezza”. È chiaro che lo spettatore quando si trova in una situazione di difficoltà ad esprimersi si rivolga e ricerchi mezzi di espressione alternativi a quelli quotidiani. Il teatro, così come anche altre arti, potrebbe allora essere la risposta a tale bisogno e fornire proposte interessanti e inedite. Certo, esiste sempre il pericolo che il governo pieghi a proprio totale vantaggio il mondo teatrale e artistico ma proprio per questo la nostra capacità e volontà d'azione non deve essere oggi sospesa, bensì intensificata. Nel caos odierno possiamo muoverci e provare a capire quale sia il nostro potere sociale, artistico e istituzionale.

Emre Yalçın: Stai suggerendo che il teatro dovrebbe ritrovare in qualche modo una propria identità collettiva. È possibile far corrispondere a tale identità di natura artistica una visione più ampia di stampo politico e filosofico? Penso al teatro fortemente implicato nella società e ideologia che è esistito in Turchia durante gli anni 60 e 70...

Semih Çelenk: A ben vedere una matrice “politica” è esistita nel teatro turco tradizionale. Nel nostro teatro di ombre c'era una forte vena critica umoristica, che stravolgeva fatti sociali e politici trasformandoli in satira. Si trattava comunque di un'attitudine non radicale, sempre attenta a non oltrepassare un certo limite per essere tollerata dal potere.  Con gli anni 60 però, grazie alla conoscenza soprattutto di Brecht e Piscator, alla crescita della classe operaia e all'accelerazione mondiale del socialismo nonché alla contestazione studentesca con i movimenti libertari che ne sono derivati, è stato possibile fornire alle proprie idee teatrali una valenza politica molto più pregnante e feconda. Da questo punto di vista, il teatro turco si è installato nel medesimo solco di quello europeo e si è rivoluzionato: sono cambiate le attitudini rispetto alla sceneggiatura e alla regia, si sono modificate le “maschere” tradizionali della scena... il tutto certo non rifiutando totalmente il passato, bensì realizzando una sintesi fra esso e le nuove influenze occidentali, sintesi da cui deriva sostanzialmente il nostro teatro politico. Tuttavia, tale caratteristica è stata dominante durante gli anni 60, 70 e per una prima degli anni 80 dopodiché si è indebolita e oggi il teatro non rappresenta più un mezzo di lotta.

Emre Yalçın: Per concludere, come collocherebbe il teatro turco a livello internazionale? Ci puoi fare un riassunto della situazione attuale?

Semih Çelenk: Come dicevo in precedenza, il popolo turco ha una forte inclinazione alla spettatorialità. Tuttavia tale attitudine alla visione ha assunto caratteristiche sempre più “occidentali” e solo parte del popolo è riuscita ad adeguarsi a questo processo, col risultato che la tradizionale massa di spettatori che seguiva il teatro è andata assottigliandosi, diventando un'élite. Oggi solo un gruppo moderno ed educato come quello degli studenti, degli insegnanti universitari e dei dipendenti pubblici va a teatro in una modalità “occidentale”. Il resto della società (impiegati, casalinghe, artigiani, studenti medi e superiori...) non ha una predisposizione simile e, d'altra parte, non si sviluppa un teatro popolare che a esso si rivolga. Per esempio, è difficile vedere uno studente di liceo andare ad assistere a un'opera recitata da giovani attori non professionisti oppure una casalinga andare a uno spettacolo organizzato nel suo quartiere. Credo che rispetto all'Europa, il nostro teatro possa vantare un pubblico più esiguo e questa è innanzitutto una conseguenza storica: la modernizzazione turca messa in atto con la fondazione della Repubblica non ha reso il teatro un fenomeno di intrattenimento o educazione o di cultura maggioritario nella società. Credo che il vero nodo stia qui. Se il pubblico fosse più ampio, oggi parleremmo di un teatro molto diverso. Certo gli stili e le forme si sono modificate, ma ancora manca molto dinamismo che può crearsi solo nell'incontro con un bacino di spettatori più ampio. Quindi, a causa dei problemi economici relativi alla mancanza di spettatori, i talenti più innovativi nella regia, nella sceneggiatura o nella scenografia si allontano dal teatro perché difficilmente potranno trovare un profitto sufficiente nel nostro settore, andando così a ingrossare le fila dei professionisti delle serie televisive o della pubblicità. Vero che tale problema non riguarda solamente il nostro teatro. Il teatro oggi è logorato dal cinema, dalla televisione e da internet, da tutti quei canali che dominano la comunicazione odierna. Però, d'altra parte, il teatro è un'arte arcaica con delle radici molto solide che gli permettono di rifondarsi e riprodursi costantemente.
Forse il punto più importante è provare a gestire il teatro con tutti i problemi di cui abbiamo parlato, compresi quelli che riguardano le organizzazioni statali, gli artisti, gli intellettuali e i cittadini con una mentalità libertaria e imparare a percepirlo come una fonte di energia, di pace sociale e di sviluppo culturale.
   

Nota aggiuntiva
Due giorni dopo questa conversazione, sei personalità legate al mondo del teatro – di sinistra o comunque oppositori del partito AKP – sono state sospese dai loro incarichi presso l'Istanbul City Theater. In seguito Candam Badem, professore alla Tunceli University che si è sempre dichiarato marxista e ateo, è stato trattenuto dalle autorità e successivamente rilasciato in libertà vigilata. Citiamo questi episodi poiché evidenziano la possibilità che la “caccia alla streghe” di cui si parla nell'intervista sia stata messa in moto. Condanniamo pertanto la sospensione e l'ingiusta detenzione dei nostri colleghi!
- - -
 

Turkish version

Emre Yalçın: Sayın Çelenk, ülkemizde uzunca bir süredir bitmeyen bir kaos ortamı hakim. Gezi isyanı, patlayan bombalar, siyasal iktidarın baskıcı düzenlemeleri ve tasfiyeleri, doğuda tekrardan tırmanan savaş ortamı ve en sonunda FETÖ cemaatinin askeri darbe kalkışmasıyla gelen OHAL gündemi... Siz akademik kimliğinizin yanında tiyatronun yazarlık, yönetmenlik, dramaturgi gibi bir çok alanında çalışmalar üreten biri olarak ortaya çıkan bu kaos ortamını nasıl değerlendiriyorsunuz?

Semih Çelenk: Dünyada ve onun bir parçası olarak Türkiye'de ve tabi ki Orta Doğu'da neredeyse 1940'lardan beri kaostan hiç çıkılmadı. Kaotik ortamlar, yaratılan korku ve sindirme aygıtları yeni bir yönetim biçiminin olmazsa olmaz aktörleri gibi. Hep bir tehdit, hep bir düşman algısı yaratılıyor.  Belirsiz ve sürekli tehlike yönetme işini kolaylaştırıyor. Kaostan çıkış ya da istikrar söylemleri adı altında farklı sıkı yönetim biçimleri, olağan üstü hal uygulamaları, tedbirler hayata geçirilebiliyor. Ve bu dünyanın her yerinde benzer bir şekilde üretiliyor.

Emre Yalçın: Ülkemiz bu bakımdan özel bir konuma sahip diyebilir miyiz?

Semih Çelenk: Ben elli yaşındayım, kendimi bildim bileli on beş yaşımdan beri, durum hep böyle, bitmeyen bir kaos... Askeri müdahaleler, silahlı çatışmalar, etnik ve dinsel terör. Sürekli bir tehdit ortamı. Özgürlükler konusunda iki adım ileri gidilecekken, diri tutulan bu tehdit ortamı ile gündelik yaşantımız baskı altına alınıyor. Sonra bize şu soru dayatılıyor: güvenlik mi, özgürlük mü? Tabii ki de güvenlik deniliyor, sonrasında. Dediğim gibi, bugün yaşadıklarımızı dünya da var olan işleyişin bir parçası olarak görüyorum ben. Terörden şikayetçi olanlar, genelde terörü besleyenler oluyor. Silah alt yapısından tutun ayrımcı politikalara kadar bugün dünyayı yöneten güçler aynı zamanda terörün besleyiciliğini yapıyor. Neo-liberalizm, her yerde aynı neo-liberalizm. Ama Türkiye gibi hem bölgesel konumu hem de kendine özgü tarihsel gelişimi olan bir ülkede bu genel dünya tablosu daha sert bir şekilde ortaya çıkabiliyor.

Emre Yalçın: 15 Temmuz 2016 gecesi bu sertlikte bir olay yaşadı ülkemiz. Bir askeri darbe kalkışması ve sonrasında gelen üç aylık olağanüstü hal uygulaması. Nasıl değerlendiriyorsunuz bu süreci? Ortada çok fazla spekülasyon var ve çoğu zaman neye inanacağımız noktasında zorluk yaşıyoruz.

Semih Çelenk:  Evet, hepimiz açısından bir gördüğümüz ve bir de görünenin arkasındaki gerçek var. Zaman zaman gündelik yaşam içerisinde yaşadığımız şeyler bir takım güçler savaşlarının mesajlaşmaları bile olabiliyor. Görünenin arkasını daha çok yönetenler biliyor kuşkusuz. Bir darbe kalkışması var ve toplumun geniş kesimleri bu askeri darbe girişimine karşı bir mutabakat sağladı. Burada muhalefetin takındığı tutum çok önemliydi. Askeri darbeye karşı olduğunu ama aynı zamanda bu darbeye tepki olarak ortaya çıkabilecek totaliter bir rejime de aynı oranda karşı olduğunu kitlesel bir şekilde ortaya koydu. Bu noktadan sonra askeri darbe kalkışmasını gerçekleştirenlere ve onların destekçilerine karşı alınan önlemler daha sert müdahalelere, ortalama, sıradan, konuyla ilgisi olmayan yurttaşları etkileyen bir noktaya gelmemeli, haksızlıklara ve adaletsizliklere yol açmamalıdır. Bu çok daha kötü bir tablo ortaya çıkarabilir. Ama tam tersi bir şekilde, böylesi bir askeri darbe kalkışması insanların söz sahibi olduğu sivil bir demokrasinin,  nasıl özenle, ortak bir değer olarak hep birlikte korunması gerektiği gibi kanaate herkesi götürürse, demokrasi ve laiklik düzleminde bir kenetlenme, bir toplaşma yaratabilirse bu hepimiz için iyi sonuçlar ortaya koyacaktır. Buna dair ip uçlarının da olduğunu görüyoruz. Diğer taraftan, bu kadar kısa bir zaman içerisinde görünenin arkasına yaklaşmamız, nedenlere ve sonuçlara dair kesin fikirler ortaya koymamız imkansız gibi duruyor. Belki de en çok darbe kalkışmasının sıradan insanın hayatında yarattığı travmaya odaklanmalıyız. Yüzlerce insan öldü, binlercesi yaralandı ve sokaktaki yaşama büyük bir tekinsizlik, tedirginlik ve terör ortamı hakim oldu.

Emre Yalçın:  Tüm çizdiğiniz bu tablo içerisinde tiyatromuzun nerede durduğu ya da bu kaotik ortamın tiyatro dünyamıza nasıl yansıdığını ve nasıl yansıyacağını düşünüyorsunuz. Şu an FETÖ ile ilgili her gün yeni bir operasyon, tutuklama ve işten atmalar gerçekleştiriliyor. Bu süreç sizce giderek Akp iktidarının otoritesini güçlendirecek şekilde farklı siyasal ya da muhalif çevrelere, örneğin sol tandanslı olan tiyatro çevrelerini de içine alan büyük bir toplama dönük bir cadı avına dönüşebilir mi?

Semih Çelenk: Tabi bizimkisi gibi siyasi kutuplaşmaların keskin olduğu, düşmanlıklara, iç çatışmalara gebe olan toplumlarda bu tür dönemler, herkesin bir günah keçisi aradığı, bir cadı avına giriştiği karanlık bir atmosfere kolaylıkla dönüşebiliyor. Her problemin bunlarla çözülebileceği düşünülüyor. Sen bunu yapmıştın, sen de şunu yapmıştın diyerek ortaya atılan suçlamalar, sorunların temeline inmeyen yüzeysel, derinliksiz hesaplaşmalar ortaya çıkarabiliyor. Burada mesele, sivil demokrasiye karşı bir grubun çıkarı için bu tür bir saldırı, bir askeri darbe girişimi varsa, ilkesel ve sürekli olarak bu tür tehlikelerin nasıl bertaraf edileceği olmalıdır. Tersi, evet bir cadı avına dönüşebilir. Her türlü muhalefet de bunun içine katılabilinir. Bu tehlike hep vardır, 12 Mart'da, 12 Eylül'de darbe dönemlerinde, kaotik dönemlerde hep aydınlar, sanatçılar ve muhalefetin geniş kesimleri üzerinde büyük baskı mekanizmaları işletilmiştir. Umarım geçmiş deneyimlerden bir şeyler çıkarmışızdır. Bu tip müdahaleler  ülkemize hiç bir şey kazandırmaz. Sadece acı, ızdırap, küskünlük ve mağduriyet yaratır.

Emre Yalçın: Aslında, bu siyasal kriz ortamı daha bu denli tırmanmamışken siyasal iktidarla tiyatrocularımız arasında  daimi bir gerilim vardı, öyle değil mi?

Semih Çelenk: Bence ülkemiz tiyatrocuları açısından daha önemli olan tiyatronun kendi kurumsallığını ve kendi sürekliliğini sağlamasıdır. Tiyatro sanatının öncelikli olarak ona inanan ve onun üzerinden kendini ifaden sanatçılara sahip olması gerekir. Hiç bir zaman toplumsal olaylar- tiyatro ilişkisinde tiyatro  için mutlak bir özgürlük alanı ve steril bir ortam olmamıştır, olmayacaktır. Geriye dönüp baktığımızda toplama kamplarında da, ceza evlerinde de, lağımlarda ya da kanalizasyonlarda da tiyatro yapıldığını görüyoruz. Her ortamda, her yerde tiyatro yapılabilir. Bir ifade aracı olarak, kendini anlama ve anlatma aracı olarak tiyatro her zaman kendisini üretebilir. Önemli olan bu karakteristiğin sanatçılar tarafından taşınması ve kaybedilmemesidir. Türkiye'ye baktığımızda bu karakteristiğin bir türlü yerleşmediği, bir alışkanlık haline gelmediğini görüyoruz. Tiyatro maalesef bizde toplumsal açıdan bir gereklilik olarak icra edilen bir sanat değil, ekstra olarak üretilen bir şey gibi. Olmazsa olmaz diye bakılan bir olgu değil. Batı'da durum daha farklı, yerleşmiş, gelenekselleşmiş bir algıyla tiyatro toplumsal yaşamda daha merkezi bir konumda yer alıyor. Bizde ise ne tiyatrocuların dediğim gibi bir alışkanlığı, ne de toplumun böyle bir gereksinimi, ya da talebi var. Bu bakımdan tiyatronun toplumun geniş kesimleri için bir ihtiyaç haline getirilmesi gerekmekte.  Bir yerlerden başlamak gerekiyor. Ben ülkemizde tiyatro sanatının böylesi bir karakterle üretildiğinde fazlaca karşılık bulacağını düşünüyorum. Güçlü ve sağlıklı bir seyir kültürü ve alışkanlığı olan bir ülke bu. Diğer taraftan, bu tip, toplumsal açıdan kaotik durumlarda ise tiyatro kendini vazgeçilmez kılabilir. Güzel yapıtlar ortaya konabilir ve seyircinin ilgisini kuvvetli bir şekilde yakalayabilir. Çünkü, seyirci bu tür kendisini ifade etme zorluğu çektiği durumlarda, kendini ifade etmenin araçlarını arar. Bir sinema filmi, bir tiyatro oyunu, bir müzik parçası, bir roman, insanlar için bir can simidi görevi görebilir. Dahası ben bu tip olumsuz koşullarda, sanatın ve edebiyatın gelişme potansiyeli taşıdığını düşünüyorum. Yoksa iktidarlar, hükümetler tiyatro ya da diğer sanat kurumlarına ayar vermek,  hizaya çekmek, kendi işlerine geldiği şekilde düzenlemek için sık sık baskıcı yöntemlere başvurabilirler. Bu sadece şimdiyle alakalı bir durum olmayıp, her yerde  ve her zaman kendini üretebilir. Dediğim gibi kritik olan tiyatrocuların, sanatçıların nerede durduğu, toplumsal, sanatsal ve kurumsal güçleridir.

Emre Yalçın: Tiyatrocularımız açısından hem felsefi hem de politik bir düzlemde karşılığını bulan toplumsal, entelektüel bir karakteristiğin ya da kimliğin gerekliliğinin altını çizdiniz. Bu tür bir tiyatrocu kimliği ya da karakteristiği, "politik tiyatro" ekseninde  1960'lı, 70'li yıllarda ülkemizde oldukça popülerdi. Öyle değil mi?

Semih Çelenk: Aslında bizim geleneksel tiyatromuzda da politik damarın varlığını görüyoruz. Toplumsal eleştiri, hiciv, mizah batılı tiyatro anlayışının ülkemizde yerleşmesinin çok daha öncesinde tiyatro dünyamızda yer almaktaydı. Herhangi yerde, o anda gündemde olan bir konuyu hicvetmek bizim seyir sanatlarımızda var olan bir özellikti. Fakat bu hiciv, daha yumuşak, ele alınan konuya çok fazla dokunmadan, tahammül edilebilirliğin sınırlarında kalan bir mizah yoluyla gerçekleştiriliyordu. Ama 1960'lı yıllardan itibaren Brecht ve Piscator gibi isimlerle tanışılması, işçi sınıfının yükselişi, Sosyalizm'in dünya genelinde yakaladığı ivme, hemen arkasından gelen 68 gençlik ayaklanmaları ve büyüyen özgürleşme hareketleri gibi gelişmelerle birlikte, tiyatromuzda bir fikrin, nasıl başka bir biçimde anlatılabileceği üzerine politik karakterli bir atılım başlamıştır. Bu bakımdan bizdeki politik tiyatro aslında Avrupa'yı izleyen bir çizgidedir ve zaten tiyatromuz 1950'lerden itibaren Avrupa tiyatrosunun izcisi halindedir. Ancak 60 yıllardan itibaren kendi geleneksel motiflerimizi, kendi geleneksel  seyir alışkanlıklarımızı hem metin yazımı hem de  reji eylemine katan, bu anlamda batı tiyatrosu ile geleneksel tiyatromuz arasında bir sentez arayışında olan bir Politik tiyatro hareketi söz konusu olmuştur. 60'lar, 70'ler, kısmen de 80'ler de bu hareketlilik tiyatromuzun genelinde çok baskın bir karaktere sahiptir; fakat giderek 80'lerden sonra, 90'lar ve 2000'ler de bu karakter giderek zayıflamış ve tiyatro toplumsal bir kavga aracı olmaktan çıkmaya başlamıştır.

Emre Yalçın: Son olarak, bu söyleyişinin İtalya'da yayınlanacağı ve okuyucuların ülkemiz tiyatrosuyla ilgili çok az fikrinin olabileceği düşüncesiyle soracak olursak şu an bizim tiyatromuz genel hatlarıyla nasıl bir yerde duruyor, ağırlık noktalarını neler oluşturuyor ya da siz onu dünya tiyatrosu içinde nerede görüyorsunuz?

Semih Çelenk: Biraz önce de değindiğim gibi Türkiye toplumunun kendine özgü  seyir alışkanlığı var. Ancak bu seyir alışkanlığı batılı bir seyire evrilirken, çok küçük bir kitle bu durumdan faydalanabilmiş ve bu kitle giderek daha küçülerek daha da minimal hale gelmiştir. Bugün eğitimli, kentli, daha çok üniversite öğrencilerinden, gençlerden, öğretmen ya da memurlardan oluşan küçük bir toplamın batılı anlamda bir tiyatro izleme alışkanlığı olduğunu görürüyoruz. Fakat toplumun daha geniş kesimlerini oluşturan işçilerin, esnafların, ev kadınlarının ve lise-ortaokul seviyesindeki öğrencilerin böyle bir alışkanlıkları neredeyse hiç yok. Örneğin liseli bir öğrencinin bir gençlik tiyatrosunu takip etmesi ya da bir ev kadının semtindeki amatör ya da yerel bir tiyatroyu izlemeye gitmesi, rastlanılması zor bir durum. Avrupa ile karşılaştırıldığında seyirci yüzdemiz çok düşük. Burada tarihsel bir problem var. Cumhuriyetle yükselen Türkiye modernleşmesi tiyatroyu toplum yaşantısı içinde herkesin önemsediği bir kültür, eğitim ve eğlence fenomeni haline getirememiştir. Tiyatromuzun seyirci ayağı bu kadar zayıf olmasa bugün esas olarak başka şeyler konuşuyor olabilirdik. Tiyatro yapma tarzlarından, biçimlerinden, metin ya da sahneleme boyutunda neden bazı şeylerin gelişmediğinden bahsedebilirdik. Ama şu anda bence tiyatromuz için esas olan mesele "seyirci meselesi"dir. Bu noktada tiyatromuzun çok kısır bir gelişme paydası var. Ama buna rağmen hala tiyatromuzun belirli bir dinamizmi taşıdığını düşünüyorum. Oyunculuğun, yazarlığın, sahne tasarımının, son dönemlerde kuklanın, kendi geleneksel sanatlarımızdan yola çıkan formların gelişim gösterdiği dinamik bir tiyatro bizimkisi. Fakat dediğim gibi, bu dinamik yapının gelişmeye, daha çok seyirciyle buluşmaya ihtiyacı var. Hem tiyatromuzun ekonomik gelişimi, hem de tiyatro yapma motivasyonlarının sanatçılarda toplumsal bir yörüngeye oturması açısından seyirci mutlak bir olgu. Evet, bu alanda seyirciyle bağlantılı olarak ekonomik bir güç üretilemediği için zeki, yaratıcı insanların tiyatrodan uzak durması söz konusu. Durum böyle olunca iyi yazarların, iyi yönetmenlerin ya da sahne tasarımcılarının sayısının çok az olduğunu görüyoruz. Çünkü bir çok insan bu doğrultudaki yeteneklerini başka alanlara kaydırıyorlar. Mesela, oyun yazarlığı Türkiye'de sürekli ve iyi gelir getiren bir iş olsa yetenekli gençler dizi ya da reklam yazarlığı yerine daha çok oyun yazarlığına yönelebilirler ve bugün biz daha nitelikli ve yaratıcı işler görebiliriz. Bu alana giren kişilerin sayısı azaldıkça, yeni ve çarpıcı işler görme şansımız da aynı oranda azalıyor. Tabi bu sorunlar sadece bizim tiyatromuzun kendi tarihsel gelişimi ilgili bir zemine dayanmıyor. İnternetin, televizyonun ve hatta sinemanın toplumsal iletişim ve tüketim kanallarını domine ettiği çağımızda, tiyatro sanatını her açıdan kuşatan bir yıpranma söz konusu. Ve dünyanın her yerinde bu yıpranmanın var olduğunu söyleyebiliriz. Ancak tiyatro arkaik bir sanat ve her çağda her çağda yeniden başvurabilinir, yeniden üretilebilinir bir doğaya ve köklere sahip. Aslolan belki de, onu bahsettiğimiz tüm problemler ışığında tekrar ele almak, başta devlet organizasyonunu gerçekleştirenler olmak üzere, sanatçılar, entelektüeller ve özgür düşünceli yurttaşlar olarak onu toplumsal bir barışın, kültürel bir gelişimin ve eşitlikçi bir uzlaşının enerji kaynağı olarak düşünmekten geçiyor. Böylesi bir yönelim, hem ülkemizde  hem de dünya genelinde tiyatro sanatını seyirci ve sanatçılar açısından yeniden ateşleyebilir Altını çizmek gerekir, iyi bir tiyatro izleyicisinden kin, öfke ve nefret duyguları değil, barışçıl, eşitlikçi ve demokratik birey özellikleri çıkar.


Additional remarks
Two days later after the interview, six theater players who are leftist or opponent persons to AKP was suspended from the İstanbul City Theater. Afterwards, one assistant professor, Candan Badem who is Marxist and atheist academic from Tunceli University was detained and then he was released in judicial control. We mentioned as a possibility that the witch-hunt mentioned in the interview  was appareantly put into action. We condemn the suspensions and unfair custodies of our colleagues!

di Francesco Brusa
 

IMMAGINI
 
     

FESTIVAL

marzo-maggio 2018
Planetarium
Osservatorio sul teatro ragazzi

14 - 22 ottobre 2017
Vie Festival 2017
Laboratorio di critica e giornalismo

giugno 2017
Futuri Maestri
Laboratorio Futuri giornalisti

28-31 ottobre 2016
Crisalide
Perché passi un po' di caos libero e ventoso

ottobre 2016
Vie Festival 2016
Arti sceniche internazionali e italiane

22 settembre - 2 ottobre 2016
Contemporanea Festival 2016
Le arti della scena

ottobre 2015
Vie Festival 2015
Arti sceniche internazionali e italiane

1-4 ottobre 2015
Crisalide
Non è successo niente, è ciò che stiamo diventando

25 settembre - 4 ottobre 2015
Contemporanea Festival 2015
Le arti della scena

Febbraio - aprile 2015
Nelle pieghe del Corpo
Virgilio Sieni, Bologna

ottobre 2014 - marzo 2015
Festival Focus Jelinek
Festival per città

9-25 ottobre 2014
Vie Festival 2014 Modena___Emilia
Arti sceniche internazionali

10 - 20 luglio 2014
Santarcangelo · 14
Festival internazionale del teatro in piazza

12 - 21 luglio 2013
Santarcangelo · 13
Festival Internazionale del Teatro in Piazza

aprile 2013
Pinocchio della non-scuola
Immagini a cura di Osservatorio Fotografico, note a margine su Pinocchio

5-13 ottobre 2012
Tempo Reale Festival
Ricerche musicali contemporanee

14 - 23 luglio 2012
SANTARCANGELO •12
Festival internazionale del teatro in piazza

Primavera 2012
Vie Scena Contemporanea Festival
Arti sceniche internazionali

Marzo 2012
BilBolbul 2012
fumetto, illustrazione, disegno

ottobre 2011
Vie Scena Contemporanea Festival
Teatro internazionale a Modena, Carpi, Vignola e limitrofi

Settembre 2011
Arca Puccini - Musica per combinazione
Rock indipendente italiano e internazionale