I meccanismi vitali del caso: < age > di Collettivo Cinetico hello
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«Se c’è ancora una qualche energia nella danza moderna, si trova come prima nelle personalità e nei corpi isolati». Francesca Pennini forse preferirebbe usare il termine “esemplari” per concludere questa frase di John Cage, ma il significato non muterebbe. Le loro visioni – quella del musicista che più ha cambiato il concetto di arte contemporanea e quella della regista, coreografa e fondatrice di Collettivo Cinetico – partono dallo stesso presupposto, quello della casualità, per giungere a esiti artistici accomunati dalla ricerca di prodotti legati alla quotidianità e dalla struttura attentamente costruita ma allo stesso tempo di una semplicità spiazzante. Non a caso < age >, ultimo lavoro di Collettivo Cinetico, si è guadagnato la vittoria del bando “Progetto speciale Performance 2012: ripensando Cage”.
< age > porta sul palco nove adolescenti che condividono col pubblico le loro individualità e il loro catalogo di abitudini e caratteristiche, miscelate a un preciso repertorio di gesti performativi e a una selezione completamente casuale di azioni. La preparazione di questi giovani è frutto di un lungo lavoro di Collettivo Cinetico, che ha organizzato audizioni, laboratori e selezioni per individuare i nove performer tra i 16 e i 19 anni, successivamente formati con un percorso didattico di due mesi in cui sono partiti dalla condizione di «spettatore» per giungere a diventare «adolescente kamikaze».
L’inizio di < age >, messo in scena al teatro Rasi di Ravenna lo scorso 16 marzo nell’ambito di Today Todance (percorso organizzato da Cantieri Danza Ravenna e Aterdanza), vede Angelo Pedroni, performer di Collettivo Cinetico, seduto sul palco insieme a un computer portatile. È lui a comandare lo schermo, che sarà il vero regista dello spettacolo. La scena è completamente sgombra, ma i primi clic del ragazzo servono a cambiare le scritte proiettate sul fondale per comporre un elenco di elementi. È così che l’allestimento viene costruito gradualmente: un tavolo, le quinte, nove adolescenti, tre panche, luci di scena. Sono gli stessi adolescenti a procurarsi gli oggetti necessari e a disporli sul palco dopo averli mostrati per qualche secondo al pubblico, scoperchiando il meccanismo teatrale tramite la sua frammentazione e composizione in tempo reale, davanti agli occhi degli spettatori.
Foto di Dario Bonazza
Instaurato l’artificio scenico seguendo questa particolare modalità, sullo schermo inizia a scorrere una serie di informazioni suddivise in tre capitoli. Il pubblico è avvertito sin da subito che gli «esemplari» (così sono chiamati i nove adolescenti) non sanno quale scritta verrà proiettata, poiché la selezione è del tutto casuale.
Il primo capitolo è composto da pure descrizioni: esemplari più alti di un metro e ottanta, esemplari cinici, esemplari che hanno baciato un ragazzo, esemplari allenati. Gli adolescenti che si riconoscono nella descrizione si alzano in piedi e stanno fermi per qualche secondo davanti al pubblico, finché Pedroni non decide di suonare il gong per mandarli a sedere. Il secondo capitolo unisce analoghe descrizioni con azioni performative: gli esemplari vanitosi sono chiamati al comportamento rotante, gli esemplari aggressivi al comportamento di salto e così via. Il terzo capitolo, infine, vede intervenire tutti e nove gli adolescenti per delle azioni coreografiche quali il comportamento di intimidazione (con i giovani performer che si mettono in fila indiana e spalancano le braccia in movimento circolare, a ricordare la difesa di un riccio), la competizione (una sfida a colpi di braccia, che vede sopravvivere chi riesce a non farsi toccare dagli altri) o il comportamento di mimesi (quando i performer si siedono in platea nelle poltrone libere). Anche in questi due capitoli, come nel primo, le azioni continuano a essere eseguite fino a quando il ragazzo al computer suona il gong e genera il comando successivo.
Foto di Dario Bonazza
L’effervescenza e la semplicità di questa struttura non lasciano indifferente lo spettatore. Se il primo capitolo risulta più lungo e noioso, seppure sia costituito da un minore numero di comandi rispetto ai due successivi, il secondo e il terzo scatenano performance sempre più complesse, riuscendo a elevare l’attenzione del pubblico secondo un andamento crescente. Questo lento inizio sembra ricercato da Francesca Pennini: la struttura di < age > consiste in una graduale ascesa dal particolare (il solo aggettivo, cioè la nuda individualità nel primo capitolo) al cumulativo (l’aggettivo combinato con l’azione, nel secondo capitolo) fino ad arrivare al collettivo (i nove esemplari che diventano un corpo artistico unico, eliminando le loro singole caratteristiche).
Ma l’energia di < age > non è tutta qui, poiché è provocata da un’ampia varietà di elementi che rimangono appena percepiti ma che vanno a fondersi per comporre l’attrattiva dello spettacolo. C’è l’individualità come causa scatenante delle azioni – e qui sta il legame più forte con John Cage e con la sua ricerca di arte all’interno del quotidiano. C’è l’adolescenza in scena con le sue azioni performative fresche e ormonali. Ci sono le facce perennemente serie dei performer a combattere contro le frequenti risate del pubblico per le loro azioni (comiche, anomale, accentuate) e per le descrizioni che pescano elementi insoliti (come esemplari che fanno la cacca in piedi). Ci sono il caso e la sorpresa che tengono in attenzione costante i performer, in attesa di conoscere il gesto successivo da eseguire, e il pubblico sempre più curioso grazie alle caratteristiche accidentali selezionate dallo schermo e associate a soggetti reali. C’è l’intreccio di questo caso e di questa sorpresa con il preciso repertorio di gesti costruiti, preparati e performati dagli adolescenti, che affrontano l’ordine inaspettato delle azioni senza improvvisare, ma con doti artistiche ben allenate e molto forti, mai incerte.
Foto di Dario Bonazza
È proprio quest’ultima miscela a far emergere il contrasto più profondo di < age >: gli adolescenti non sanno cosa li aspetterà nello spettacolo, così come non sanno cosa li aspetta nella vita. L’età sotto i vent’anni è quella dell’incertezza maggiore, dei cambi di umore, dei caratteri che mutano e delle coscienze che crescono e confondono. Gli aggettivi attribuiti agli «esemplari» per selezionarli sono sullo schermo a dimostrarlo: ci sono i traditori e i pessimisti, gli allenati e i pigri, quelli che vogliono cambiare i propri piedi e quelli che si masturbano. Una piccola selezione delle incognite, dei segreti e delle maree adolescenziali. Ma allo stesso tempo, questi giovani sulla scena sono estremamente sicuri. Non tremano, nascondono l’emozione, sanno come affrontare la sfida. Reagiscono all’inatteso estraendo una delle loro pronte e perfette azioni. Sembra che < age > voglia dirci anche questo: l’incertezza può essere affrontata dotandosi degli strumenti della conoscenza e dell’allenamento, così come il caso, quando è incastrato in un meccanismo perfetto quale quello costruito da Collettivo Cinetico, genera uno spettacolo solido e sicuro.
Foto di Dario Bonazza
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