Ci sono tutti i movimenti del mare. La burrasca la tempesta e la quiete, la massa ondosa che sale e che cala, l’acqua blu fredda e nemica. Sono tutti in una sola voce, quella di Chiara Guidi che al festival Màntica regala una ventosa lettura scenica di Tifone di Joseph Conrad, ne apre ogni rumore narrativo e armonizza l’andamento del racconto con il dialogo insieme al pianoforte di Fabrizio Ottaviucci, un tocco intermittente di sagge note che riempiono gli spazi vuoti là dove le mille voci di Chiara Guidi decidono di zittirsi. Quando parlano, invece, indossano il timore e il coraggio del capitano MacWhirr che tira dritto verso un tifone rifiutandosi di cambiare rotta, e l’arroganza del primo ufficiale Jukes che contesta e deride il suo capitano, e l’oppressione degli schiavi cinesi a bordo della nave, e ancora il movimento sovrano del maremoto e del vento e nondimeno del narratore Conrad, uomo di mare che nutre di amore ogni parola che scrive per le sue avventure oceaniche.
Tifone, ph Simona Barducci
Li indossano, si diceva, e non li descrivono. Perché ciò che fa Chiara Guidi è pronunciare frammenti di frasi, brusche alternanze di sussurri e grida, emozioni e stati d’animo fatti voce. Si tratta di una partitura elaborata ed eseguita con rigore, circondata da quattro microfoni e un leggio, che rende il testo di Conrad una musica tramite la lettura e la rielaborazione di qualche frase appena, riuscendo comunque a evocare e a trasmettere l’intero andamento della narrazione con tanto di movimento del mare, del vento, delle angosce umane. È un esercizio, quello della fondatrice della Socìetas Raffaello Sanzio, che con la sua voce ha già dimostrato di saper raggiungere notevoli perfezioni stilistiche. Ma è un esercizio arricchito affinché esca dalle sue prove quotidiane per essere fruito dal pubblico come un incanto, quello della narrazione ad alta voce destrutturata e sovvertita per superare la parola scritta, che è gettata dall’attrice in un bidone. E in tale arricchimento, il pianoforte a coda di Fabrizio Ottaviucci è fondamentale per arrotondare con la musica le pieghe più tese del racconto, là dove la voce plurima di Chiara Guidi non può o non vuole arrivare. Le note di Ottaviucci all’inizio sono solitarie e morbide, si appoggiano con discrezione sul racconto non appena Chiara Guidi termina per un momento la sua partitura, quando ancora la tempesta è lontana. Poi, con piacevole lentezza, volano nelle intercapedini delle mille voci riemerse e si mescolano a loro per diventare un unico corpo sonoro nell’indossare il mare e il vento e il capitano MacWhirr e il resto dell’equipaggio. Fino a quando il tifone sembra avere avuto la meglio sulla nave, il controluce rende Ottaviucci e Guidi due fantasmi, e i suoni del pianoforte salgono in una sospensione infinita di morte e quiete. Quella dopo la tempesta, si potrebbe dire. Ma il tumulto di questa tempesta resta ancora a lungo nei nostri stomaci: il Tifone di Conrad rappresenta i nostri potenziali ostacoli e nemici; leggerlo in questa maniera è una forte esortazione a combatterli e superarli con la stessa fermezza del capitano MacWhirr.