Tre ragazzi non belli, non bravi, barcollanti dentro al loro equilibrio fragile e instabile, si mostrano non in costume di scena, ma vestiti così come capita, gli accostamenti di colore non azzeccati.
Ed è subito appartenenza con noi che guardiamo.
Ci fanno sorridere per le loro imprecisioni fisiche: il pelato troppo alto, il moro troppo magro, il biondo troppo basso. Come nei migliori film muti di Buster Keaton la scena vuota è abitata solo dal silenzio, a parlare solo la piena espressività dei loro corpi sbilenchi. Ci fanno sorridere ed emozionare con poco: un movimento degli occhi che si fa triste, malinconico, allegro, colmo di speranza. Se le abilità di Keaton, che gli erano valse il soprannome di “rompicollo”, rientravano negli esercizi tecnicamente difficili e pericolosi, altrettanto non si può dire per i tre danzatori di Sans portati in scena dalla coreografa francese Martine Pisani ospite sabato a Deficit!. Di continuo sul filo del gioco irriverente e dell’ironica idiozia, svincolano dagli artifici scenici scoprendo la loro umanità più disarmante nel lungo sguardo al pubblico, in uno svelamento senza difesa, che fa sorridere ma che commuove anche chi si nascondeva rassicurato e seduto sugli spalti a guardare. Un varietè leggero, senza pretese di consensualità o concettualità, che rivela il suo segno più profondo proprio in quel corpo democratico e alla mano, disarmato e vulnerabile. Allenato alla mobilità e all’attraversamento, semplice, frivolo e sensibile, il corpo premonisce una realtà all’apparenza sempre uguale a se stessa, ma in verità ricolma di impercettibili cambiamenti di ritmo e colori di magliette. Quasi come il teatro che in questi anni si è visto all’oggi Deficit! che fu non io, corpo sottile, dooing.